Scambisti per mafiosi. Populismo giuridico

Tanto di cappello. I guai del nuovo 416 ter

Dunque già dalle prossime elezioni europee del 25 maggio non servirà più necessariamente la dazione di denaro per configurare il voto di scambio politico-mafioso. Con l’approvazione in Senato in quarta lettura (quarta lettura? Speriamo che lo chiudano davvero) del ddl che modifica il 416ter contro il voto di scambio politico mafioso (191 sì, 32 no e 18 astenuti) basterà molto, ma molto meno. Vediamo. Ad esempio, cosa? Una maschia stretta di mano mafiosa, tipo gentlemen agree per affari futuri? Un furtivo beso alla Andreotti-Riina? Una strizzata d’occhio non intercettabile ma più esplicita di un cambiamonete, come al tavolo di poker? Un vassoio di cannoli? In realtà niente basterà a provare il reato, ma tutto potrà servire a configurarlo.

Per Don Ciotti “è una buona notizia”, proprio perché hanno insertio due paroline magiche, “altra utilità”, che colpiscono il cuore mafioso, i “favori". Vero che almeno è stato eliminato il termine “qualsiasi” riferito alle “altre utilità”, perché in effetti rischierebbe di diventare impossibile anche solo farne l’elenco. Vero che è stata cancellata la punibilità della “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione”, che è una fattispecie ancor più aleatoria, diciamo che sembra più fattispecie psicoanalitica che criminale.

La verità che l’ennesimo cedimento della politica al populismo giudiziario non fa che mettere nelle mani di una magistratura politicizzata e con forte tendenza all’investigazione rabdomantica, che prima indaga il peccatore e poi verifica se esista un reato della sua taglia, un potere a dismisura accresciuto. Chapeau. E poi dice che Bruti Liberati preferisce andarci cauto, con la distribuzione dei fascicoli.

Ps. In Senato c’è stata la solita squallida bagarre, ma il presidente Grasso ha tuonato “in quest’Aula l’ordine lo tengo io”. E infatti il Senato ormai funziona come ha funzionato l’Antimafia in questi anni: rissa continua. Ha anche profetato: “Se io dico di tacere, lei deve tacere”. Che se l’avesse detto a Palermo, invece che in Aula, poteva anche essere interpretato come un ammiccamento mafioso.

FQ. di Maurizio Crippa, 16 aprile 2014 - ore 14:47

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