Forza nani. De Mita e altri “Grandi d’Italia” sbeffeggiano

 Renzi e i suoi, ma con argomenti nient’affatto giganteschi

di Giuliano Ferrara | 18 Luglio 2014 ore 06:24

Ve la ricorderete quella dei nani sulle spalle dei giganti, viene dalla scuola filosofica di Chartres del XII secolo, in medievalese significa che per quanto si sia piccoli e perfino insignificanti, issati sulle spalle di Aristotele e Platone si può pretendere qualcosa o addirittura fare molto. Ecco, non è questo l’atteggiamento degli amici del Rottamatore, quelli che il sindaco di Nusco ed ex capo del governo e capo della Dc ha ieri definito “i nani”. Capisco lo sconcerto di un De Mita o l’allegro pandemonio che un amico come Cirino Pomicino vorrebbe scatenare: pur di essere consultati, ascoltati, se non riveriti ché non è cosa, i mammasantissima della Repubblica, i padri, gli zii, i nonni, gli eredi, chiamateli come volete, farebbero pazzie. Invece la ministra Boschi e il suo capo e i suoi compagni vogliono abolire il Senato da sé, alla bell’e meglio, magari fottendosene dell’ortodossia dei milioni di costituzionalisti da sempre all’erta, contro le fronde astiose della destra e della sinistra giornalistica, contro le saggezze delle burocrazie anche le migliori e più competenti, contro il diluvio degli emendamenti e lo zig zag dei seguaci della setta Casaleggio. E così per la legge elettorale, per il finanziamento dei partiti, per il bilancio dello Stato, per il debito, per la crescita, per il fisco, per le riforme della pubbica amministrazione, per la politica italiana in Europa, per il mercato del lavoro. C’è da rabbrividire, e il sistema mediatico è pronto alla bisogna: Renzi è un fanfarone, dice e disdice, non realizza, ma dove mai vuole andare con il suo gruppetto di fiorentine e fiorentini in età verdissima, ma chi si crede di essere, lui con le sue supercazzole, un po’ di rispetto, cazzo, un po’ di considerazione per l’establishment.

Qui si ha molta stima della Repubblica, intesa come Repubblica dei partiti. Si sono fatte mille battaglie perché non fosse sepolta sotto il mare delle inchieste, schiacciata dalle intemerate di un magistrato buzzurro che ha fatto la fine che ha fatto e di un ceto togato supponente e prepotente. E siamo sempre a disposizione per la memoria, più o meno condivisa, per celebrarla e dare a ciascuno il suo senza jattanza, senza giovanilismi che solo alcuni di noi potrebbero permettersi. Detto questo mettiamo in guardia dai rischi del gigantismo psicologico, una forma di efferato narcisismo, magari inconsapevole. Il Senato è lì dal 1948, da quarant’anni si dice che dovrebbe cambiare il bicameralismo perfetto, la politica italiana in Europa è stata forse un capolavoro con De Gasperi, poi è sfiorita e si è piegata sotto il peso del debito e di tanti grandi e piccoli compromessi che hanno danneggiato l’Italia e forse anche i suoi partner, le riforme sono per dirla con un intenditore, Sergio Cofferati, una parola “malata” come la parola riformismo. Debito, fisco, infrastrutture, formazione, istruzione, salute, lavoro, impresa (per non dire della signorina Innovazione): siamo afflitti da un rating così così, quando non drasticamente negativo, e l’outlook è pessimo, obiettivamente.

Bisogna dunque capire che i nani fanno da sé, sanno sbagliare da soli, come si dice. E sono una speranziella anche per noi afflitti da gigantismo, che abbiamo discusso di future Repubbliche con la Iotti, come dice De Mita, e con il senatore Bozzi, e con Craxi e Formica, e con Berlinguer e Moro e con tanti altri. Bisognerà mettersi in testa che dopo la resa generale dell’autunno del 1993, alla quale in molti portarono un contributo di meschinità e di faziosità, è venuta la stagione dei nani. Per vent’anni siamo stati soggiogati da un nano di genio, di immenso talento, lo “psiconano” del comico Gribbels, e ci ha spiegato, anche e soprattutto a sue spese (altro che fare i propri interessi), quei quattro fondamentali della politica maggioritaria sulle spalle dei quali si è issato adesso un nuovo nano, è proprio la loro stagione, dopo che i giganti si sono voluti rimpicciolire. In questo bisogna che i Grandi d’Italia imparino la vera e bella lezione di Papa Francesco e del suo maestro Ignazio: non praticare la grandiosità, ma lasciarsi contenere dal piccolo è vera saggezza. 

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