Nel Pd la tregua è finita: la sfida dei dissidenti

parte dal no all’austerity

Per Bersani: «Avere un segretario-premier è un problema». Parte intanto la raccolta firme per il referendum contro il Fiscal compact. Fassina: «Sarà durissima»

di Monica Guerzoni,n Il Corriere della Sera 5.9,2014

«Abbattere l’austerity» è l’obbiettivo dichiarato. Ma il referendum contro il Fiscal compact rischia di assestare altri energici colpi alla «pax renziana» del Pd, già provata dagli affondi di D’Alema e Bersani, che chiedono al premier più coraggio al governo e maggiore pluralismo nel partito. I 54 parlamentari della sinistra che sostengono l’iniziativa - tra i quali diversi «dissidenti» del Senato, come Tocci, Mineo e Mucchetti - si stanno mobilitando per raccogliere le firme. Stefano Fassina, tra i più impegnati nella mission anti-rigorista, parla da Padova, dove ha presentato la campagna Stop Austerità: «Stanno spuntando i primi banchetti, abbiamo tempo fino al 30 settembre... Sarà dura raccogliere 500 mila firme, speriamo di farcela».

La battaglia è in salita, visto che i vertici del Pd non sostengono il referendum. «Eppure - assicura candidamente Fassina - se passasse renderebbe possibile fare gli investimenti in deficit, come Renzi chiede». L’ex viceministro è convinto che se il premier proverà a perseguire gli obbiettivi che ha indicato «avrà enormi difficoltà» e lui, giura, vorrebbe evitarlo: «I tagli annunciati sono irrealizzabili e se il governo proverà a farli ci saranno conseguenze pesanti». I renziani ironizzano sul fatto che il primo firmatario della legge per introdurre in Costituzione il pareggio di bilancio sia stato proprio Bersani e chiedono polemicamente a Fassina, autore con D’Attorre e Lauricella di un emendamento al ddl Boschi per cancellare il pareggio di bilancio dall’articolo 81, perché allora non si dimise da responsabile economico. «Argomento risibile - ribatte Alfredo D’Attorre -. Errare è umano, perseverare è diabolico. L’agenda Monti ci ha fatto perdere le politiche e chi parla tanto di rottamazione dovrebbe capire che questa iniziativa prende le distanze dalle scelte che il Pd ha fatto in passato». E non è tutto, perché i non allineati, tra cui Cuperlo e altri venti, hanno pronta una mozione per chiedere al governo di reinvestire gli introiti delle privatizzazioni invece di destinarli a diminuire il debito.

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