Lettere al Direttore IL Foglio 12-9-2014

Vorrei sotto la testata: qui non ascolto e dialogo,

olo penitenza

1-Al direttore - Okkey, dovevano arrestarla e invece, detenuta, l’hanno ammazzata. Ma scambiare il caso Cucchi per un’orsa minore, aridateme Vandana Shiva.

Maurizio Crippa

Non sono animalista ma non amo il diffidente sarcasmo di molti cristiani cattolici verso gli altri animali, sublime efficacia della battuta a parte. Tout se tient.

2-Al direttore - Mi spiace, ma non la posso seguire. Per anni sono stato smerluzzato perché sostenevo che un politico non doveva dimettersi per una banale iscrizione nel registro degli indagati. Quelli più colti di me, tutti di sinistra (a destra ho pochi avversari) dicevano che dovevano dimettersi per ragioni di opportunità. Cari Bonaccini, Richetti, Rossi, De Luca, 4 sottosegretari di Renzi, saranno pure solo 7 euro al giorno, sarete pure renziani, ma è “opportuno” che andiate a casa.

Riccardo Ruggeri

Io invece insisto a pensarla giusta, e a comportarmi di conseguenza, anche come punizione per i moralizzatori moralizzati. Che siano renziani o no, poco m’inquieta.

3-Al direttore - “Bisogna tornare ai fondali di carta, alle porte che non chiudono, al suggeritore sotto la cupola, alle luci di ribalta, alla sonagliera della carrozza in arrivo. Bisogna vedere un pezzetto di pompiere dietro le quinte” (Ennio Flaiano, “Diario degli errori”). E’ uno dei tanti passi che dimostrano come nel gran pescarese la passione per il teatro fosse perfino più forte di quella per il cinema. Per lui il palcoscenico era il luogo in cui viene messa in scena una falsità più autentica della realtà; rappresentava la superiorità dell’arte sulla natura, dei “fondali di carta”, appunto, sul presunto realismo delle immagini. Se il paragone non pare troppo ardito, leggendo il suo bellissimo “elefantino” di ieri ho pensato che, in fondo, Renzi è per lei come il teatro per Flaiano: falso e affascinante. In questo senso, degno erede – prima ancora di Berlusconi – di uno che se ne intendeva molto di più: Ronald Reagan, il primo a definire – nel 1966 – la politica “un’industria dello spettacolo”.

Michele Magno

Ok.

4-Al direttore - Morire per Danzica? – domanda che allora faceva abbastanza schifo. Aver fatto morire Daniza – adesso fa pure abbastanza schifo.

Stefano Di Michele

Smack.

5-Al direttore - Letto il lungo articolo di Alessandro Gnocchi intitolato “Loreto sconfessata” da Lei pubblicato sul Foglio di mercoledì 10 settembre, ho capito che l’autore ha inteso parlare, o meglio prendere spunto, da una realtà che non ha visto e non conosce. In realtà dare a intendere che la presenza di un “punto di ascolto” all’interno della Basilica della Santa Casa di Loreto indichi la volontà di rinunciare a quel sacramento della confessione per cui tanti pellegrini vengono a Loreto è certamente sbagliato e non tiene conto del servizio che decine di frati cappuccini prestano quotidianamente come confessori in Basilica. Mi sento dunque di assicurare Gnocchi e chi gli ha fornito notizie distorte ricordando che da anni ormai il numero delle persone che si confessano a Loreto è in continua crescita e che proprio per venire incontro a questa grande domanda la Delegazione pontificia inaugurerà a breve una nuova, più accogliente e più grande penitenzieria. Grato per l’attenzione,

Mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo

delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa di Loreto

La particella avversativa “ma” (non confessioni qui ma ascolto e dialogo, com’era scritto sull’avviso) avrebbe messo in sospetto anche un non tradizionalista come me, per di più esterno alla vita della chiesa, ma non alla cultura cristiana e cattolica, e al loro destino. Non molto tempo fa partecipai come oratore all’inaugurazione del pellegrinaggio alla Madonna di Loreto, e poi le mie condizioni fisiche suggerirono un taxi per il trasbordo di corpo e corteccia, non avrei mai immaginato che quel fervore… bene la grande penitenzieria. Grazie per il tono civile della lettera.

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