Lettere al Direttore Il Foglio 4.4.2014

Invito a cena con delitto, abbiamo lo stilista di riferimento

1-Al direttore - Ma dopo le afflizioni della primavera araba, adesso ci beccheremo pure l’asiatica?

Stefano Di Michele

2-Al direttore - Che si sia ispirato all’omicidio di Aldo Moro o all’ammutinamento dei musicisti di Santa Cecilia (1977), poco importa. Che alluda al caos politico italiano o alla impossibile natura salvifica dell’arte, poco importa. Nel film “Prova d’orchestra” (1979) Federico Fellini aveva già previsto tutto, compresa la fine del Teatro dell’Opera di Roma. Con una differenza. Lì un sindacalista ottuso spianava la strada al ritorno di un irascibile e autoritario maestro di origine teutonica. Qui un sindacalismo becero, il sindacalismo delle indennità di “vestizione e di umidità” e del “gettone di assenza”, ha spianato la strada all’addio di un austero maestro di origine meridionale. Quelli che “Renzi è come la Thatcher” sono immediatamente insorti contro il licenziamento degli orchestrali e dei coristi dell’istituzione capitolina. Vi hanno visto perfino un antipasto dell’abolizione dell’articolo 18. Solo che si tratta di un licenziamento collettivo. Quindi quell’articolo – il quale disciplina i licenziamenti individuali – non c’entra niente. Come si domanderebbe D’Alema: non sanno o non hanno studiato?

Michele Magno

Non è nemmeno un licenziamento, che sarebbe penoso, visto che poi quell’orchestra ha fatto bene sotto Muti. E’ l’unico modo per salvare i posti produttivi di debito e sfascio, e riassumerli quasi tutti, credo.

3-Al direttore - Chapeau di fronte al modo, argomentato e lontano mille miglia dalla vanagloria e dalle facili promesse, con il quale il ministro Pier Carlo Padoan ha risposto alle appropriate domande di Lo Prete sul Foglio del 2 ottobre. Emerge, tuttavia, uno iato tra la constatazione, fatta dal ministro in altra sede, secondo la quale la crisi che l’Italia sta attraversando è peggiore di quella del 1929, e i pur giusti, ma limitati, interventi prospettati: abbattere le tasse sul lavoro, investimenti e riforme. Una crisi di tale portata esigerebbe un programma assolutamente straordinario di politica economica, che preveda anche lo sconfinamento dal famoso 3 per cento sulla base sia di un piano rigoroso ed efficace di interventi sulla domanda aggregata e l’introduzione della golden rule per gli investimenti pubblici, sia dell’avanzamento delle riforme, piuttosto che adagiarsi sulla politica degli slittamenti dell’ottemperanza ai vincoli europei. Insomma, il toro andrebbe preso per le corna. Occorrerebbero una mobilitazione straordinaria di risorse, interne ed europee, e un pathos politico – che è cosa diversa dal racconto di successi abbastanza improbabili, dal quale bene fa Padoan a rifuggire – impegnato in un’opera, questa sì palingenetica, quale quella dell’Amministrazione Usa all’epoca della Grande depressione. Il rischio che si corre è che, anche con la cautela del rispetto del 3 per cento, la legge di stabilità venga poi bocciata in sede Ue; potrebbe paradossalmente risultare, allora, un’annunciata fatica di Sisifo. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

4-Al direttore - Con l’uscita del mio nuovo libro, ho deciso di cambiare look: via le camicie bianche dei giovani virgulti della sinistra europea, via i button down della Troika e le camicie scure di B., via le Sebastian del “Padroni”, via i golfini blu dei supermanager cosmopoliti, via le felpe outlet di Savini, via le camicie unisex alla Camusso. Non sopporto più il loro abbigliamento, forse anche loro. Mi ispiro a lei, direttore, al solito all’avanguardia: camicie colorate non timide a tinta unita. Stante l’età (mia) punto tutto su una camicia royal oxford, colletto anni 60, rigorosamente granata.

Riccardo Ruggeri

Io comunque mi ispiro a Della Valle, “invito a cena con delitto” (da Twitter).

5-Al direttore - Di questa gran bella storia di PIT della Toscana, Pol Pot, Società dei Territorialisti e governatori e imprenditori, alla fine rimarrà solo la risata dei Satiri del Redi, aretino e grand commis mediceo, “che avean bevuto a isonne, si sdraiaron sull’erbetta tutti cotti come monne”.

Massimo Lensi

6-Al direttore - Alla fantastica serie di articoli informati e scientifici letti sul Foglio in tema di Ogm e della signora indiana anti Ogm chiamata addirittura a far da madrina all’Expo, vedo che il quotidiano debenedettiano replica con un’intervista nella quale, a detta dell’intervistatore Federico Rampini, la Vandana Shiva “risponde a tutte le domande più spinose”. E’ da leggersi. Risponde a niente. Tanto per confermare che New Yorker e Foglio (e anche Tempi, nel suo piccolo, e dal suo primo numero) rendono un servizio all’umanità pensante e, quindi, al vero progresso. Mentre si capisce che la signora e il suo carnevale di businessman del bio, dello slow e del chilometro zero al seguito, stanno all’agronomia e alla scienza alimentare per far fronte ai bisogni dell’umanità come la maga Maria sta all’astrofisica. Sorprende, che per un carlin, un giornale sois-disant diderottiano, penda così grottescamente verso la sottocultura che il Caffè dei fratelli Verri bollò di bigotto oscurantismo. C’è forse ancora da spiegare alla Repubblica delle Vandane perché la “pratica degli innesti in agricoltura” non fu opera del diavolo nel XVIII sec., tantomeno della Monsanto nell’anno del Signore 2014 d. C.

Luigi Amicone

7-Al direttore - Anche se non pensassi che Enrico Rossi sia un bravissimo presidente della regione Toscana (lo penso), anche se non gli fossi personalmente molto affezionato (lo sono), troverei – non voglio esagerare – agghiacciante il sinonimo che il Foglio gli ha applicato intitolando il suo bell’intervento di ieri. E non riesco a trovarci nemmeno un’ombra di ironia: con Pol Pot non si scherza. Ho in mente e negli occhi il paesaggio toscano, casa mia, e quello cambogiano. Saluti affezionati.

Adriano Sofri

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