Un italiano su quattro guarisce dal cancro

(ma dipende dal tumore)

Una ricerca epidemiologica condotta ad Aviano fornisce i primi dati certi: considerato guarito un quarto delle persone che si sono ammalate tra il 1985 e il 2005

di Vera Martinella, Il Corriere della Sera 6 novembre 2014 | 09:33

Quante persone sono definitivamente guarite dal tumore? E quanti anni devono trascorrere dalla diagnosi affinché un paziente possa davvero ritenersi guarito? Grazie ai successi ottenuti con le terapie e la diagnosi precoce queste domande sono sempre più frequenti e uno studio italiano recentemente pubblicato sulla rivista Annals of Oncology, fra i primi in questo settore, cerca di dare una risposta. Certo la faccenda è assai delicata: da un lato, infatti, è facilmente comprensibile che servano molte cautele prima di dichiarare a malati e familiari che l’«esperienza-cancro» è conclusa. D’altro canto, a fronte dei notevoli miglioramenti nella sopravvivenza, soprattutto per certe neoplasie, è fondamentale che si arrivi a sdoganare il concetto di guarigione, sia per la qualità di vita delle persone stesse (si pensi, ad esempio, alle implicazioni per chi vuole contrarre un’assicurazione o un mutuo, piuttosto che adottare un figlio) sia per il Servizio sanitario, che spende invano denaro per visite e controlli che potrebbero non essere più necessari. Una cosa, secondo gli esperti, è molto chiara: il via libera si ha nel momento in cui l’aspettativa di vita dell’ex paziente (ovvero il suo rischio di morte) diventa uguale a quella del resto della popolazione del suo stesso sesso ed età.

Considerato guarito un quarto delle persone che si sono ammalate tra il 1985 e il 2005

Stando alle prime statistiche contenute nello studio epidemiologico condotto dal Centro di Riferimento Oncologico-CRO di Aviano (Pordenone), oggi un quarto della popolazione italiana cui è stato diagnosticato un tumore tra il 1985 e il 2005 ha la stessa aspettativa di vita rispetto a chi non ha mai contratto neoplasie. È quindi, agli effetti misurati dalla statistica, «guarita». Per giungere a queste conclusioni gli autori della ricerca, frutto della collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità collaborazione e con l’Associazione Italiana dei Registri Tumori (finanziata dall’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), hanno analizzato i dati relativi a oltre 800mila persone fra i 15 e i 74 anni di età che nel periodo preso in considerazione avevano ricevuto una diagnosi di cancro (in totale sono state valutate 26 tipologie differenti di neoplasia). Nel loro lavoro gli epidemiologi hanno utilizzato modelli matematici capaci di misurare quattro parametri fondamentali: le proporzioni di pazienti che raggiungeranno identico tasso di mortalità della popolazione generale; le proporzioni di pazienti che non moriranno come conseguenza del loro tumore; il tempo necessario a raggiungere una probabilità superiore al 95 per cento di sopravvivere nei 5-10 anni successivi; e, infine, la percentuale di pazienti che vive, dopo la diagnosi, da un numero di anni superiore alle soglie dei 5-10 anni.

Molto dipende dal tipo di cancro, per alcuni si guarisce di più e più in fretta

Dai risultati emerge chiaramente che molto di pende dal tipo di neoplasia in questione, dallo stadio al momento della diagnosi, dalle cure ricevute. «Si consideri a questo proposito – precisa Luigino Dal Maso, epidemiologo del CRO e responsabile dello studio – che dei pazienti con tumore del colon retto, oltre l’80 per cento non morirà a causa della neoplasia. La guarigione viene infatti raggiunta dopo circa 8 anni dalla diagnosi negli uomini e 7 nelle donne. Circa il 40 per cento delle donne e il 30 degli uomini diagnosticati tra il 1985 e il 2005 sono oramai guariti». Le differenze sulle aspettative di vita trovano riscontro anche nelle donne con tumore alla mammella perché, dice ancora Dal Maso, «oltre il 70 per cento di loro non morirà a causa della malattia, ma occorreranno quasi 20 anni affinché le pazienti possano ritenere d’aver raggiunto un’attesa di vita simile alle non ammalate (a causa di caratteristiche peculiari di vari tipi di cancro al seno che potrebbero ripresentarsi anche ad anni di distanza, ndr). Una lunga attesa – continua l’esperto – che fa sì che le donne guarite siano il 12 per cento». Per il tumore della prostata, la percentuale degli uomini che non morirà a causa della malattia supera il 60 per cento. Per altri tumori, invece, quali quelli di testicolo e tiroide, la guarigione si raggiunge in meno di 5 anni, mentre per altri un rischio «di ricaduta» per oltre 20 anni (ad esempio, laringe, vescica, linfomi non-Hodgkin, leucemie e mielomi).

Le conseguenze della guarigione per il Ssn

Oltre alle implicazioni che questi dati hanno sulla vita delle persone, ne va valutato il peso anche sul fronte del Sistema sanitario nazionale (Ssn). Secondo le statistiche mondiali, nella prima decade degli anni Duemila, circa il quattro per cento della popolazione dei Paesi sviluppati è costituita da individui che hanno avuto una neoplasia e circa il 60 per cento dei malati sopravvive più di cinque anni dalla diagnosi. Numeri che comportano un impatto notevole nell’organizzazione, programmazione e costi del Ssn. «L’oncologia – conclude Dal Maso – assorbe circa il 50 per cento del budget della Sanità in tutti i Paesi industrializzati. Un ulteriore riscontro e convalida dei risultati di questo studio a livello internazionale potrà permettere una organizzazione più efficiente dei servizi assistenziali indirizzati a molti pazienti oncologici. Se da un lato gli oncologi, forti anche di questi importanti riferimenti epidemiologici, possono proseguire le riflessioni per un ripensamento delle linee-guida per l’osservazione e le visite di controllo da proporre molti anni dopo la malattia, la migliore e più importante notizia è per chi, oggi o domani, dovrà incrociare il proprio cammino con la malattia: il tumore è curabile, da un tumore si guarisce».

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