I mercati vogliono tagli alla spesa pubblica.

E alla fine li otterranno

 di Edoardo Narduzzi  Italia ogggi, 15.1.2015

Pier Carlo Padoan ha fatto sapere che nel 2015 la recessione, entrata nel suo quarantatreesimo mese, dovrebbe terminare. Nessuna, purtroppo, dichiarazione un minimo più coraggiosa, come la situazione richiederebbe, sulla crescita attesa nel 2015 post forte deprezzamento dell'euro e calo del barile, lasciando il serio dubbio che senza il soccorso inaspettato della congiuntura internazionale il pil sarebbe restato ancora al palo anche nell'anno appena iniziato. Padoan si augura anche la partenza del Qe, acquisto di titoli di stato, da parte della Bce per arginare il pericolo deflazione. Cosa effettivamente succederà il 22 gennaio al board della banca centrale europea è difficile da prevedere, ma è sicuro che i falchi anti quantitative easing avranno facili argomenti da mettere sul tavolo: non è ancora chiaro se si tratta di un calo dei prezzi o di vera deflazione perché le aspettative non sono facilmente decifrabili; non è ancora chiaro quanta inflazione sarà importata dal deprezzamento dell'euro; non è per nulla intellegibile il ciclo dei prezzi del barile petrolifero. In più ci sono le elezioni greche del 25 gennaio. Insomma tanti argomenti per sterilizzare ogni decisione ed evitare un Qe che per dimensioni annunciate servirebbe a poco e sarebbe ancor più nocivo per l'eurozona se attuato per singoli paesi con le banche centrali nazionali incaricate di comprare i loro titoli di stato. In questo modo tutto il premio per il rischio finirebbe sui loro bilanci. La Bce sarebbe un consolidatore non il vero compratore dei Btp. L'impressione è che ci sia un'eccessiva timidezza, in primis da parte del ministro dell'economia Padoan, nel dire con la necessaria chiarezza e determinazione la verità che si sta già incorporando nelle aspettative del mercato: l'eurozona rischia la stagnazione secolare e rischia più di ogni altra area economica del globo, perché offre degli arbitraggi con guadagno sicuro a chiunque vuole muoversi all'interno del suo mercato. La stagnazione secolare è un evento dalla probabilità molto vicina a 1, senza un Qe all'inglese o riforme alla lituana in Italia e in Francia, mentre è un'ipotesi molto remota in Germania. Il pil tedesco potrà anche rallentare ma difficilmente entrerà in stagnazione prolungata, mentre quello italiano ci è già da quasi quattro anni. Il rischio della stagnazione secolare necessiterebbe in Italia di una capacità di azione e di intervento nelle riforme di gran lunga più incisiva di quella che l'accademico Padoan riesce a produrre. Tutti gli investitori sanno che nella contabilità del pil il costo della spesa corrente pubblica entra al nominale: senza la partita di giro dell'intermediazione pubblica il pil sarebbe perfino più basso di quanto non sia oggi. E i mercati il taglio della spesa improduttiva lo vogliono e, Padoan o meno, lo otterranno. Altrimenti sarà stagnazione secolare.

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