Bravo Renzi a sostenere gli interessi italiani È finita l'epoca del cappello in mano alla Ue

Non si trattava, né si contrattava. Ci si accontentava. L'Europa, per i nostri rappresentanti politici che non sanno parlare le lingue e per i nostri alti capi burocratici che si vergognano di essere italiani

 di Pierluigi Magnaschi ItaliaOggi 21.9.2016

I premier italiani si sono sempre recati ai vertici europei non solo inginocchiati, ma anche con il cappello dell'eventuale offerta comunitaria messo dietro la schiena, a dimostrazione che qualsiasi obolo fosse stato offerto da Bruxelles sarebbe stato il benvenuto. Non si trattava, né si contrattava. Ci si accontentava. L'Europa, per i nostri rappresentanti politici che non sanno parlare le lingue e per i nostri alti capi burocratici che si vergognano di essere italiani, era descritta e percepita dagli italiani come una dea bendata che concedeva a chi voleva e che in ogni, facendo sempre bene, non poteva mai essere contestata. Questo, in quattro soldi, era il nostro ideale europeistico bolso e masochista. Un ideale basato sul non eccepire mai. E deglutire sempre. Cercando, quando il beverone fosse indigeribile, di apprezzarlo oltre misura, sempre in onore agli ideali europei che, per tutti i politici italiani, si condensavano nel motto che si trovava nei tram di un tempo e che diceva: «Non disturbare il manovratore».

È in base a questo atteggiamento assurdamente docile e remissivo che ben due governi italiani hanno firmato senza discutere, anzi con un visibile compiacimento, le due successive versioni del Trattato di Dublino sulle immigrazioni, che prevede una clausola che, in palese contrasto con lo spirito comunitario, che dovrebbe essere costruito sulla equa distribuzione degli oneri, colpisce invece, su questo delicatissimo e sconvolgente problema,solo due paesi su 27. All'epoca (prima della Brexit, cioè) questi paesi erano addirittura 28. E i due paesi colpiti dall'egoismo degli altri e dall'insipienza nostra sono l'Italia e la Grecia. Come mai e perché?Perché i due premier italiani che hanno firmato il Trattato di Dublino hanno accettato il principio che gli immigrati appartengono al paese nel quale essi sono per primi approdati. Per cui, se un immigrato approda sulle nostre coste e poi finisce in altri paesi europei, questi ultimi, quando lo scoprono, hanno il diritto di restituirlo immediatamente e senza complicazioni di sorta all'Italia. Costui infatti non è considerato un clandestino approdato in Europa ma, in sostanza, di un clandestino approdato in Italia che se ne va in giro per il Vecchio continente senza averne titolo.

Questa misura avrebbe anche potuto essere ritenuta ragionevole se tutti i paesi europei avessero, rispetto ai flussi immigratori, dei confini fisici e non marittimi (come invece hanno solo l'Italia e la Grecia).

I paesi che hanno confini fisici (confini cioè facilmente ed efficacemente presidiabili; non a caso su di essi sono stati costruiti dei reticolati invalicabili) possono essere accusati di negligenza nel controllo dei flussi immigratori che fossero ugualmente riusciti a penetrare nei loro territori. Tali paesi negligenti possono poi essere chiamati a rispondere del passaggio di clandestini che poi, grazie all'abolizione dei confini interni europei dovuta al Trattato di Schengen, una volta entrati in un paese, si mettono a girare senza più nessun ostacolo all'interno dell'area europea, visto che all'interno della Ue Schengen i confini sono stati aboliti.

Ma, quando ci sono delle frontiere marittime, il blocco dei flussi è praticamente impossibile.

La permeabilità dei confini, in questo caso, non è più dovuta a una negligenza ma a una impossibilità di operare diversamente. Infattinon si possono bombardare nottetempo le carrette vuote, ormeggiate sulle coste dei paesi di partenza perché questo sarebbe un vero e proprio atto di guerra; non si possono ostacolare le carrette nemmeno durante la loro navigazione verso l'Italia (o la Grecia, che non ripeteremo più) perché vorrebbe dire speronarle, facendo annegare un sacco di gente; non ci si può nemmeno astenere dal soccorso della gente in mare in difficoltà perché questa negligenza è in contrasto con le leggi marittime e quelle umanitarie. Quindi, chi parte dalla Libia, se non annega, arriva. Quando tocca le nostre coste deve essere immediatamente identificato per impedirgli di andare in altri paesi Ue. Da dove, se ci arriva, ci viene restituito, proprio perché è stata obbligatoriamente identificato.

In pratica, con questo Trattato di Dublino, i nostri politici del tempo hanno firmato un contratto in base al quale hanno solennemente riconosciuto che il problema degli immigrati dall'Africa è solo nostro. So bene che è un'aberrazione, una pazzia, una farneticazione. Solo che è un'aberrazione che è stata firmata dai premier italiani che venivano descritti da tutti come dei perfetti europeisti, disposti a trangugiare tutto, pur di non indispettire i capataz di Palazzo Berlaymont. Sennonché se uno, senza costrizione e nel pieno delle sue facoltà, firma un contratto con cui si impegna a cedere un bene a un decimo del suo prezzo, poi deve cederlo all'acquirente a queste condizioni. Da qui, adesso, non è facile tornare indietro. Infatti gli altri paesi europei, legittimati dal Trattato di Dublino, se ne lavano le mani. Faremmo così anche noi se ci trovassimo nelle loro condizioni. Al massimo, gli altri paesi della Ue ci mandano, ma anche in questo caso con prudenza,delle navi che ci danno una mano nel raccogliere gli immigrati in mare. Ma poi gli immigrati da essi raccolti non li portano a casa loro ma li scaricano sulle coste italiane e, da quel momento, gli immigrati da problema europeo si trasformano subito in cosa nostra.

Ecco perché la decisione di Renzi, mai verificatesi prima, per eccesso di pavidità dei suoi predecessori, di non presentarsi più a Bruxelles con il cappello in mano dietro la schiena è l'inizio di un percorso nuovo, diverso e più dignitoso rispetto il passato, a tutela degli interessi di un paese che rappresenta la terza economia della Ue e che, soprattutto, è titolato a difendere i suoi interessi nazionali. Renzi non vuol trattare la Merkel (che, della Ue, lo si voglia o no, è la padrona; e spesso non esita a comportarsi visibilmente come tale) come se essa fosse un nemica ma come un'interlocutrice che, alle volte, è portatrice di interessi nazionali teutonici che sono opposti ai nostri e che, in una discussione politica esplicita e magari anche veemente, e in ogni caso pubblica, debbono essere resi compatibili con i nostri. Non è perché la Merkel rappresenta il paese più forte dell'Europa che essa può fare quel che vuole e decidere, ad esempio, che il rapporto deficit/pil previsto da Maastricht debba essere applicato alla lettera da parte dell'Italia mentre quello, sempre previsto da Maastricht, dell'avanzo commerciale (nel quale la Germania è gravemente inadempiente) possa essere accantonato. Purtroppo sinora, con i nostri premier arrendevoli, è sempre stato così

Categoria Italia

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