Sinistra italiana non è ancora nata, ma è già divisa

Il congresso per la fondazione previsto a metà febbraio, tra le due anime del movimento non c’è intesa sulle regole dei congressi

05/02/2017 alle ore 13:05 ANDREA CARUGATI La Stampa

La settimana che doveva spaccare in due il Pd in realtà ha spaccato Sinistra italiana. Mentre le aperture di Renzi sul congresso sembrano allontanare il rischio di scissione tra i dem, il partito in gestazione sulle ceneri della Sel di Vendola si prepara al congresso fondativo di metà febbraio a Rimini in un clima di forte tensione. Tanto che, al momento, non è detto che l’ala “moderata” che fa capo al capogruppo Arturo Scotto (con lui la metà dei deputati, 16 su 30) parteciperà. «Per ora non ci sono le condizioni». 

Lo strappo è nato ufficialmente sulle regole dei congressi locali, che avrebbero favorito, dice Scotto, l’ala che fa capo a Nicola Fratoianni, pupillo di Vendola e candidato unico alla segreteria dopo il ritiro dello stesso Scotto. Ma la faglia di divisione è tutta politica ed è esplosa il 28 gennaio a Roma, quando D’Alema ha lanciato il suo movimento Consenso evocando il divorzio nel Pd. Scotto e i suoi erano in prima fila, molto interessati a un «centrosinistra alternativo al renzismo», a una «cosa rossa» da costruire insieme agli ex Ds. «Una sinistra di governo», spiega il capogruppo. «Non l’ennesimo partitino della sinistra radicale». 

In platea c’era anche Fratoianni, che nei giorni successivi ha incontrato D’Alema insieme a Vendola. Ma il segretario in pectore di Si non ha alcuna intenzione di aspettare la minoranza dem, o di «costruire un partito in attesa delle mosse della minoranza di un altro partito». Insomma, vuole tirare dritto, costruire una forza sul modello della Linke tedesca e poi vedere con chi allearsi. «Dialogheremo senza pregiudizi, ma a Rimini nasce un partito autonomo. Sel era nata per spostare a sinistra la coalizione, ma quell’esperienza non ha funzionato». 

Scotto, e con lui il vicepresidente del Lazio Massimiliano Smeriglio, guarda invece ai movimenti in casa dem. «Dobbiamo entrare in campo, non restare sugli spalti a guardare. Per me il centrosinistra è la prospettiva, guardo al dopo Renzi». Stefano Fassina la vede in modo molto diverso: «Il problema non è il renzismo. Renzi è la versione estrema del Pd, di una sinistra che ha contribuito a colpire i ceti più deboli con il mercato unico e l’euro. È necessaria una radicale inversione di rotta, non le formule vuote di campi progressisti e ulivi 4.0».

Due strade diverse, dunque. Per un partito che rischia di nascere già diviso. E del resto ai congressi locali di questo fine settimane la gran parte dei militanti dell’area Scotto hanno dato forfait. E si ritroveranno a Roma il 12 febbraio per il lancio di una piattaforma alternativa. Quasi un congresso separato. Con la prospettiva, non così lontana, di unirsi alla minoranza per dare battaglia dentro il congresso Pd. Magari in asse con Giuliano Pisapia e Laura Boldrini, vista come una possibile candidata alle primarie contro Renzi. Fratoianni minimizza: «Ci sono tutte le condizioni per fare un congresso tutti insieme, le regole non possono essere un motivo di rottura». 

 Le due truppe appaiono sempre più distanti. Tanto che, ad oggi, lo scenario più probabile è quello di una sinistra coalizzata coi dem, e di un’altra sigla più movimentista che corre da sola. Due partitini di sinistra, che rischiano di non superare le soglie di sbarramento.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata