Non trattiamo il Salvimaio come hanno fatto gli americani con Trump

Demonizzare il governo targato M5s e Lega prima ancora di vederlo all'opera è un errore. I due partiti hanno trionfato alle elezioni, li hanno votati 17 milioni di italiani e non con la pistola alla tempia.

PAOLO MADRON, 21.5.2018 www.linkiesta.it

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Sospendiamo il giudizio, almeno fino a quando non daranno prova concreta di cosa sapranno, o non sapranno, fare.

E arrivò il giorno in cui Lega e 5 Stelle salirono al Colle per consegnare il fatidico nome. Pochi, se non gli addetti, sapevano chi fosse Giuseppe Conte (ammesso che all’ultimo minuto non si cambi cavallo), indicato come il prossimo premier del governo giallo-verde. A parte le notazioni che scontano lo spirito dei tempi fatui – porta sempre la pochette e i gemelli – l’uomo sembra avere un curriculum di tutto rispetto. Buone scuole - Yale, Vienna, la Sorbona -, buoni libri e molte esperienze all’estero. Funzionerà un tecnico tra le insidie e contraddizioni di un esecutivo a netta coloritura sovranista? Provare per credere.

IL SILENZIO DI CONTE. Magari si schianta alla prima curva, magari ci pensano i mercati ad accendergli lo spread sotto la sedia (le bellicose dichiarazioni di Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia nonché esegeta di Carlos Kleiber, uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento, non promettono nulla di buono), magari invece fa più strada di quel che lo scetticismo di quasi tutta la stampa gli accredita. Intanto, una prova di virtù l’ha già data: a differenza di altri il cui nome era girato come possibile inquilino di Palazzo Chigi, non ha rilasciato un profluvio di interviste e dichiarazioni, ma se n’è stato bello zitto in attesa degli eventi. Un esempio di saggezza che depone bene.

UN OUTSIDER CHE PUÒ STUPIRE. E a quelli che eccepiscono sul suo essere un Carneade vale la pena di ricordare di quando oramai molti anni fa un signor nessuno di nome Sergio Marchionne fu inopinatamente scelto per guidare la Fiat. Oltretutto all’epoca si storse il naso per il fatto che un assicuratore nulla centrava con motori e automobili se non per le polizze che detta assicurazione stipulava. Poi si è visto come è andata a finire.

Siamo per tradizione un Paese improvvisato e caciarone, ma che ha enormi risorse e sufficienti anticorpi in grado di preservarlo dal rischio di deriva autoritaria

Certo, anche a leggere l’ultima versione edulcorata del contratto che sta alla base del Salvimaio, ci sono passaggi da brivido per la loro leggerezza e indeterminatezza. Molti, come la Flat tax, sono enunciati che nulla vogliono dire finché dalla teoria non si passa all’executio. Altri ancora promettono l’impossibile, e fanno presagire un deficit spaventoso. Però bisogna lasciarli provare, evitando se possibile di evocare anzi tempo l’Apocalisse e chiamare a una clandestina resistenza sulle montagne. Sono i due partiti che hanno trionfato alle elezioni, li hanno votati 17 milioni di italiani e non con la pistola alla tempia. Vediamo cosa sapranno, o non sapranno, fare.

EVITIAMO LE CRITICHE A PRIORI. In questo Matteo Renzi a urne appena chiuse è stato adamantino: tocca a loro, chi ha perso faccia opposizione. E vista la tragicommedia dell’Assemblea nazionale del Pd, mai proponimento fu più encomiabile. Salvo il fatto che per fare opposizione bisogna prima aver presente cosa si è e dove si vuole andare. Siamo per tradizione un Paese improvvisato e caciarone, ma che ha enormi risorse e sufficienti anticorpi in grado di preservarlo dal rischio di deriva autoritaria, fantasma evocato a sproposito con Renzi e che ora riciccia fuori con i nuovi padroni. Una cosa è certa: trattarli da appestati e usurpatori ancora prima di vederli all’opera, come ha fatto l’intellighenzia americana con Trump, non porta da nessuna parte.

Commenti

Merlino. Aspetta e vedi è giusto ma dopo le decisioni di Mattarella di questa sera o domani. Perché è lui che deve salvaguardare i dettami della Costituzione e non è un notaio.  Che poi si possa criticare anche il suo comportamento mi pare corretto. Le critiche fino adesso a Salvini e Di Maio sono state giuste. I timori che l’Italia non sia pronta a rivoluzioni è un fatto e rispetto a Trump, questi devono guidare l’Italia, non gli USA debole e dipendente dai partner europei nonostante la caterva di voti presi alle elezioni.

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