Ecco come i Cinque Stelle vogliono rubare cooperative e sindacati alla sinistra (e ci stanno riuscendo)

Sono lontani i tempi in cui Luigi Di Maio definiva le cooperative «un vero buco nero». Il ministro ha partecipato all’assemblea delle cooperative, lodando il loro operato. E dalle coop è arrivato il giudizio positivo sul decreto dignità (eccetto causali) e pure sulla reintroduzione dei voucher

di Lidia Baratta, 27.7.2018 da www. linkiesta.it

Il rapporto tra Luigi Di Maio e le cooperative non era partito con il piede giusto. Ai tempi dell’arresto dei dirigenti di Cpl Concordia, tra il presidente di Legacoop e l’ex vicepresidente della Camera erano volate accuse e minacce di denunce. Ora, però, sembra rispuntato il sereno. Sono lontani i tempi in cui Luigi Di Maio definiva le cooperative «un vero buco nero». Adesso che anche la Cgil si è messa di traverso contro la reintroduzione dei voucher, le coop sembrano diventatate la nuova area di corrispondenza d’amorosi sensi del mondo grillino.

Il 24 luglio il ministro del Lavoro Di Maio ha partecipato all’assemblea nazionale dell’Alleanza delle cooperative, che riunisce Confcooperative, Legacoop e Agci, premendo il pedale sui punti caldi di un mondo che rappresenta l’8% del Pil: la calendarizzazione in Parlamento della legge di iniziativa popolare contro le false coop e la creazione di un fondo ad hoc per quelle che decidono di investire nell’innovazione tecnologica. E forse per cancellare i malumori del passato, ci ha pure tenuto a ricordare le sue visite alle cooperative emiliane nella passata legislatura e gli incontri in campagna elettorale sul documento “Cambiare l’Italia cooperando”. Facendo i complimenti, poi, a un mondo che «mentre le imprese licenziavano» ha mantenuto «invariati i livelli occupazionali perché voi non siete solo business».

Dal canto loro le cooperative non hanno risparmiato i complimenti. Giudizi positivi sul decreto dignità, soprattutto contro le delocalizzazioni, dando la benedizione pure al ritorno dei voucher. «Uno strumento utile e corretto, se controllato, tracciato e utilizzato in dosi giuste», dicono. «Va però effettivamente limitato al solo lavoro occasionale ed è molto utile per far emergere il lavoro nero».

Per il resto solo una piccola critica alla reintroduzione delle causali per i contratti a termine, «storicamente fonte di contenzioso tra imprese e lavoratori». La richiesta fatta al governo è di «adottare strumenti più efficaci». E poi bene l’attenzione sui rider. E bene l’ipotesi di una riforma di riordino della rappresentanza contro l’“affollamento” sindacale di cui Di Maio parla da tempo. «Ci sono ancora tante, troppe siglette che non sono rappresentative dell’economia reale, ma solo della classe dirigente che le governa e che sono firmatarie di contratti in dumping che sfruttano i lavoratori», dicono dall’Alleanza. «Su questo punto chiediamo al governo una legge per misurare l’effettiva capacità delle tante associazioni di rappresentanza sia dei lavoratori sia delle imprese».

Lontani i tempi in cui le cooperative, soprattutto quelle rosse, insieme alla Cgil, venivano considerate una cinghia di trasmissione della sinistra. Dall’altra parte ora ci sono i pentastellati, che a litigare con chi da sempre è presente sul territorio non ci pensano nemmeno

Il matrimonio è fatto. L’Alleanza delle cooperative, con 39mila imprese associate, rappresenta il 20% del mondo cooperativo italiano con oltre 1,1 milioni di occupati e 150 miliardi di euro di fatturato. Senza dimenticare le banche di credito cooperativo, che nel 2017 hanno erogato 25 miliardi di nuovo credito a famiglie imprese, con una capacità di raccolta prossima ai 160 miliardi.

Nell’ultimo consiglio dei ministri, non a caso, il governo ha accolto i dubbi di una parte del mondo delle bcc, soprattutto quelle del Nordest. E tramite il decreto milleproroghe, ha capovolto la riforma renziana con una serie di «interventi chirurgici», come ha spiegato il premier Giuseppe Conte, per restituire «più potere e autonomia di giudizio alle banche di credito cooperativo che venivano pressoché assorbite nella capogruppo». Per questo si è deciso di innalzare dal 51% al 60% la quota minima di capitale che deve essere detenuta dalle banche del gruppo. E nel cda metà più due dei componenti dovrà essere espressione delle bcc.

D’altronde è da tempo che le coop hanno scaricato il Pd per virare verso i Cinque Stelle, nonostante Renzi avesse scelto come ministro del Lavoro un uomo delle coopertive come Giuliano Poletti per “coprirsi” a sinistra. Dopo il battibecco con Di Maio, il presidente delle coop rosse di Legacoop, Mauro Lusetti, ha lodato l’attuale vicepremier per il «rispetto e la curiosità» avute verso il mondo cooperativo. Al contrario di Renzi, che ha tagliato ogni rapporto per «avere un rapporto diretto con il Paese disarticolando tutti i corpi intermedi». Lontani i tempi in cui le cooperative, soprattutto quelle rosse, insieme alla Cgil, venivano considerate una cinghia di trasmissione della sinistra. Dall’altra parte ora ci sono i pentastellati, che a litigare con chi da sempre è presente sul territorio non ci pensano nemmeno.

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