Soros è uno dei più potenti lobbisti di Bruxelles

La sua Open Society ha condizionato l’attuale Parlamento europeo grazie a 226 eurodeputati “affidabili alleati” su 751. Tra i 14 italiani (13 del Pd) anche Pittella, Cofferati e Kyenge

di Tino Oldani 27.7.2018 da www.italiaoggi.it

I siti più cliccati tra quelli che si occupano delle questioni europee, tengono da giorni in primo piano il duello tra Steve Bannon e George Soros, che si stanno dando da fare come influencer politici in vista delle prossime elezioni per il Parlamento europeo (maggio 2019). In Italia, l'unico giornale a darne conto è stato finora Italia Oggi, fedele alla propria tradizione di informazione libera e documentata. Sperando di non annoiare i lettori, aggiungo ancora qualche tessera al mosaico del duello politico Bannon-Soros.

Tra i temi caldi al centro dello scontro, vi è quello dei migranti. Il primo sostiene le ragioni dei partiti populisti e dei sovranisti, che cercano di arginare i flussi migratori verso l'Europa; il secondo è invece paladino delle porte aperte. A differenza di Bannon, che non è ancora entrato in azione, salvo avere dato un'intervista per annunciare il suo trasferimento in Europa, la Open Society di Soros ha già operato parecchio su questo fronte, che è tra i più scottanti non solo in Italia, ma anche nell'Unione europea. Lo conferma il fatto che uno dei progetti patrocinati dalla Open Foundation negli ultimi anni afferma, nel proprio titolo, la necessità di «far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere».

Questo progetto, dotato di ben 18 miliardi di dollari, ha contribuito a finanziare alcune Ong (organizzazioni non governative) e le loro navi, impegnate fino a poco tempo fa nelle vicinanze delle coste della Libia a farsi consegnare i migranti direttamente dagli scafisti per portarli in Italia. Un andazzo a cui la chiusura dei porti italiani da parte del governo gialloverde ha posto fine, per il momento.

La Open Foundation, che si definisce ente filantropico, non si occupa soltanto di migranti. Sulla home page del suo sito sono indicati, con encomiabile trasparenza, i vari settori nei quali si è impegnata nel 2017, spendendo 940,7 milioni di dollari. La fetta maggiore è andata alla «pratica democratica e diritti umani» (28%), seguita da: governance e progresso economico (17%), riforma della giustizia e stato di diritto (16%), uguaglianza e anti-discriminazione (14%), salute (10%), istruzione (8%), giornalismo e informazione (7%). A conti fatti, la Open Society di Soros è la seconda più grande fondazione filantropica degli Stati Uniti, dopo quella di Bill e Melinda Gates.

Sul piano politico, Soros, 88 anni, ungherese di nascita e profugo negli Usa, dove ha fatto fortuna come speculatore finanziario, non ha mai nascosto le proprie simpatie politiche per i partiti liberal-progressisti, e una avversione totale per il comunismo sovietico, da cui la sua famiglia era dovuta scappare. Avversione che ora, essendo quel comunismo morto e sepolto, si concentra sui partiti populisti e sovranisti, considerati ostili al credo fondamentale di Soros: quello di una società aperta e senza frontiere. Da qui, il suo sostegno convinto e generoso per i partiti anti populisti, compreso il Pd in Italia.

Quest'ultima affermazione è provata dal fatto che non più tardi del novembre 2017, spulciando tra le pieghe del bilancio della Open Society, che è online, un sito di controinformazione ha scoperto un elenco di 226 eurodeputati, sul totale di 751, definiti «affidabili alleati», già dimostratisi tali o che tali potevano diventare, assieme ai loro assistenti, collaboratori e funzionari a vario titolo. Tra questi, gli eurodeputati italiani erano 14, di cui 13 facenti capo al Pd e al gruppo europeo «Democratici e socialisti», più una deputata eletta nella lista Tsipras, la giornalista Barbara Spinelli.

I nomi degli altri: Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella Del Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti. Il più noto al pubblico, allora, era Cofferati, ex segretario generale della Cgil. Mentre il più influente era Gianni Pittella, presidente del gruppo parlamentare Democratici e Socialisti. Nella lista non vi era neppure uno degli eurodeputati eletti con Forza Italia, Lega e M5s.

Nel documento della Open Society i 226 eurodeputati erano censiti con grande cura, con l'indicazione sia del partito di appartenenza (per lo più progressisti, ma anche 38 esponenti del Ppe), sia delle commissioni di cui facevano parte: dunque, del ruolo che avrebbero potuto svolgere in Parlamento in seguito a un accurato lavoro di lobbying. Stupì non poco, all'epoca, il fatto che tra gli «alleati affidabili» di Soros fosse indicato anche Martin Schulz, socialdemocratico, che è stato presidente del Parlamento europeo fino alle elezioni politiche tedesche del settembre 2017, quando ha sfidato Angela Merkel per la cancelleria, e perso in modo rovinoso.

Di tutto questo non vi è alcun cenno nella lunga risposta-sfida che Patrick Gaspard, presidente della Open Society Foundation, ha indirizzato a Bannon (vedi Italia Oggi di ieri). Ma il tema è troppo ghiotto, e difficilmente resterà negli archivi giornalistici durante la prossima campagna per il Parlamento europeo. Campagna che, stando al sito Politico.eu, si direbbe già iniziata. Tradendo, tra le righe, una certa simpatia politica per Soros, il sito meglio informato sulle manovre politiche di Bruxelles ha infatti pubblicato una stroncatura al veleno della missione di Bannon.

Per ora, i partiti populisti e sovranisti Ue, sostiene il sito, non hanno alcuna intenzione di andare a braccetto con lui. Tanto più che Bannon avrebbe esordito con una bugia, assicurando che la sua prima mossa sarebbe stata la costituzione di una fondazione non profit, chiamata The Movement, attorno alla quale raccogliere i partiti populisti Ue. Ebbene, rivela Politico.eu, la fondazione The movement esiste già, ed è stata costituita un anno fa da un avvocato di Bruxelles, Mischael Modrikamen, leader di un piccolo partito di estrema destra in Belgio, che l'ha messa a disposizione dello stesso Bannon, dopo che quest'ultimo l'ha giudicata «pronta all'uso». Un colpo basso andato a segno. Di certo, ne seguiranno altri, da entrambi i lati.

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