Non si può insistere nell'errore

Servirebbero misure per incentivare la produttività

di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it

I due vicepresidenti del consiglio vanno avanti tutta senza rendersi conto che il loro decisionismo sta provocando dei guai. Ovviamente, la loro azione di governo è oggetto di varie e contrastanti interpretazioni (e guai se non fosse così, anche se entrambi reagiscono in malo modo alle critiche), tutte legittime e tutte con qualche fondamento. Tuttavia, dopo il caso Genova, è all'attenzione della pubblica opinione, non solo italiana, ma mondiale, l'aggiornamento del Def che indica le linee guida della prossima legge di bilancio.

È sorprendente come Di Maio e Salvini (in ordine alfabetico) considerino cambiamento il ritorno alla filosofia delle finanziarie di Andreotti, anche nel periodo della solidarietà nazionale: allargare il debito per comprare la pace sociale e dare un contentino ai comunisti. Esse, quel genere di finanziarie, furono la principale causa dei disastri italiani (il debito), accresciutisi in modo esponenziale per decenni, il cui unico rimedio al quale pensò una classe dirigente d'altri tempi fu il ricorso al vincolo esterno, quello stabilito dal trattato di Maastricht (7 febbraio 1992). Gli effetti del trattato e dell'introduzione dell'euro sono controversi, anche se risulta indiscutibile la stabilizzazione relativa del sistema. Peccato che la politica non si sia occupata dell'incentivazione della produttività indice per il quale siamo in fondo alla classifica dei paesi più industrializzati.

Al di là, quindi, del contenzioso in essere tra Italia e Unione europea, di cui diremo dopo, rimane il fatto che il governo giallo-verde non abbia legittimato la sua richiesta di extradeficit con una motivazione corretta e condivisibile: investimenti (in infrastrutture, in manutenzioni, in edilizia, in contributi alle imprese per favorire la produttività, compreso l'alleggerimento dei vincoli ancora esistenti nel mercato del lavoro), tagli funzionali e miglioramento della performance dell'amministrazione (costi standard nella sanità per impedire le truffe in danno dello Stato). E che non abbia espresso in numeri l'effetto trascinamento (più elevato per gli anni futuri) dei due elementi caratteristici dell'aggiornamento del Def e, di sicuro, della prossima legge di stabilità: il reddito di cittadinanza e l'abbassamento dell'età pensionabile (mentre le aspettative di vita continuano a crescere).

Il primo è stato per anni lo slogan preferito dei grillini, ma non un vero progetto. Tanto che le vantate coperture, immaginate dai gruppi parlamentari, erano proprio immaginarie. E oggi, di fronte alla necessità di definire il progetto (passando da uno slogan a una legge organica) il movimento si muova come una comitiva di ubriachi che va sbattendo da un muro all'altro in cerca di un varco. Infatti, i limiti che vengono continuamente evocati, compresa una lista di spese immorali e, quindi, non ammesse, o la punizione per chi è proprietario della casa in cui abita (cosa che non lo esonera, se non ha redditi, dal pagare luce, acqua, gas e telefono) sembrano pezze a colore più che idee accettabili e praticabili.

A parte la circostanza che i 780 euro annunciati sono un complemento a redditi minori già esistenti e accertati, tanto che il reddito di cittadinanza figlierà una miriade di posizioni personali di difficile gestione. Soprattutto foriere degli imbrogli endemici che gli italiani son capaci di mettere in atto (e di cui i 5Stelle sono ben consapevoli, tanto da volerli favorire: vedi il caso vaccinazioni). C'è poi un elemento che spesso viene trascurato. L'Unione europea c'è, esiste e le sue norme sono state sempre adottate col consenso italiano. Non si conosce un veto posto dall'Italia su uno che è uno degli strumenti legislativi o regolamentari - e, comunque, cogenti - posti in essere dalla comunità. Certo, ora c'è un governo nuovo a Roma. Ma questo non qualifica nessuno a contestare la validità degli impegni legittimamente assunti dalla Repubblica italiana.

La posizione corretta, in questo caso, è quella di chiedere e negoziare una variazione di rotta che non potrà essere accordata se consistesse in qualcosa che confligge con questioni-base dell'Unione. Tra queste ci sono di sicuro il deficit e il debito pubblico. Non tutti sanno che l'aggravarsi del deficit e del debito italiano hanno diretti riflessi sulla situazione finanziaria di tutti gli altri paesi dell'eurozona e, per li rami, sui loro cittadini. E che nessuna nazione può essere disposta a chiudere un occhio o tutt'e due su una decisione del governo italiano che scassa definitivamente le finanze dello Stato italiano.

Ricordo, en passant, che la previsione di aumento del pil, delle entrate, degli effetti della lotta all'evasione, è il tradizionale metodo truffaldino utilizzato da qualche decina di governi italiani per nascondere la realtà vera di finanziarie in deficit ontologico. Se cambiamento ci deve essere non può consistere nel perpetuare le truffe del passato. Questa volta, tuttavia, anche per le modalità con le quali la politica italiana si pone a livello internazionale (a proposito che va a fare in giro all'estero il presidente della Camera dei deputati, specialista in Identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana?), è plausibile prevedere una salvifica fermezza dell'Unione, tale da condurre a ragionevolezza Di Maio e Salvini e gli altri - solo comparse - componenti del governo. Deve essere chiaro a tutti che se la previsione di Di Maio (di un Parlamento europeo populista e sovranista) si realizzasse, per l'Italia tutto peggiorerebbe: la nazioni sovraniste guarderanno ancora dei più degli attuali governi liberal-democratici ai loro bottegai, di quanto non facciano già oggi - e con successo - e non ci saranno paracadute o solidarietà per gli italiani.

E, in definitiva, dovremmo renderci conto che l'investitore tout-court non ama il rischio. E che è il rischio-Italia che produce il differenziale dello spread e l'eventuale crollo dei corsi dei nostri titoli di Stato. Regola vorrebbe che un governo consapevole e responsabile assicurasse gli investitori senza rivendicare tre volte al giorno che non si cambierà rotta.

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