La legge di Bilancio 2019 nasce con il fiato corto

La manovra rischia di scontentare un po’ tutti a causa dell’incrocio tra promesse elettorali irrealizzabili e la necessità di rispettare elementari vincoli di bilancio.

di Marino Longoni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Reddito di cittadinanza e quota 100 si faranno, ma in versione depotenziata, mentre le imprese si preparano a otto miliardi di tasse in più, e i pensionati...

Si possono fare le nozze con i fichi secchi. Ma non si può pretendere che poi tutti i commensali se ne vadano soddisfatti. È quello che sta succedendo con la legge di Bilancio 2019. Che rischia di scontentare un po' tutti a causa dell'incrocio tra promesse elettorali irrealizzabili e la necessità di rispettare elementari vincoli di bilancio.

Dopo un'aspra trattativa con le autorità europee, il governo ha infatti ceduto quasi su tutto, cercando però di mantenere la posizione sui due punti qualificanti del contratto siglato pochi mesi prima tra i due partiti che compongono la maggioranza: reddito di cittadinanza e quota 100. Queste misure non sono ancora state scritte ma la manovra ha già previsto i relativi stanziamenti (rispettivamente, 6,1 e 4,7 miliardi di euro). Si tratta però di una vittoria di Pirro. Con 6 miliardi di euro infatti (salvo improbabili riedizioni della moltiplicazione dei pani e dei pesci) si riescono a dare (in media) meno di 100 euro al mese ai 6 milioni di poveri ai quali si era promesso un reddito di cittadinanza di 780 euro. Anche quota 100, l'altra norma bandiera, è stata conquistata a caro prezzo: la manovra ha infatti previsto il blocco triennale della rivalutazione delle pensioni superiori a 1.540 euro e un prelievo quinquennale dal 15 al 40% su quelle di importo superiore a 100 mila euro calcolate in tutto o in parte col metodo contributivo. Inoltre, al contrario di quanto promesso fino a pochi giorni fa, la scelta di andare in pensione con quota 100 impedirà al neo pensionato di averi altri redditi per tutti gli anni guadagnati con l'anticipo pensionistico.

A pagare il prezzo più elevato della manovra saranno comunque le imprese, che nel 2019 pagheranno quasi 8 miliardi di tasse in più. Ma anche i cittadini saranno a rischio di stangata perché, dopo tre anni di blocco, nella legge di Bilancio non c'è la norma che, «al fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria», vietava a regioni ed enti locali di «deliberare aumenti dei tributi nonché delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato».

Altre sorprese contenute nella legge di Bilancio sono il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, lo spostamento di oltre 4 miliardi di investimenti, un raddoppio dell'aliquota Ires per le attività non profit di assistenza sociale, sanità, beneficenza, istruzione e formazione. Ma soprattutto l'aumento del peso delle clausole di salvaguardia che, nel 2020 e 2021 cubano più di 50 miliardi di euro. Una zavorra non di poco conto per il governo che dovrà pensare alla manovra dell'anno prossimo, e un segnale non positivo per i mercati finanziari e per il mondo imprenditoriale.

Qualche lato positivo della legge di Bilancio lo si può invece trovare sul fronte flat tax e web tax. La prima, pur essendo molto distante dalle promesse della campagna elettorale (aliquota unica per tutti i contribuenti Irpef), è comunque una semplificazione importante per molti professionisti e lavoratori autonomi, con compensi o ricavi inferiori a 65 mila euro, che potranno applicare un regime forfetizzato ed evitare anche l'obbligo della fatturazione elettronica. La web tax nasce invece con l'obiettivo di rendere più equa la tassazione delle grandi multinazionali del web, imponendo loro un prelievo forfetizzato pari al 3% del fatturato: vista la formulazione della norma non è escluso che nella rete a strascico restino impigliate anche altre imprese che nulla hanno a che vedere con le Ott (Over the top, cioè le imprese digitali di maggiori dimensioni).

Non mancano, in un testo complesso come quello della legge di Bilancio, approvato in pratica senza il minimo contributo parlamentare (salvo quello della formale espressione del voto di favore), numerose norme di dettaglio e le immancabili mance e mancette. L'impressione generale, in contrasto con un apparato retorico imponente incentrato sul cambiamento, è quella di trovarsi di fronte a una manovra che fa di tutto per non perdere il favore della maggior parte degli elettori (soprattutto quelli meno attenti alle complessità politiche e giuridiche), ma con uno respiro corto, cortissimo, che non va oltre le elezioni europee del maggio 2019. E poi si vedrà.

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