La misteriosa storia di un gasdotto che può finire in un tunnel

Paradossi ideologici. Al governo non può piacere il gasdotto East-Med per fare andare i tir a gas se rifiuta la Tav

di Massimo Nicolazzi 10 Marzo 2019 www.ilfoglio.it

Tra i progetti che si aggirano per il mediterraneo, uno è un gasdotto da Cipro alla Puglia. 2.200 chilometri, capacità fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno (per farvi un’idea, in Italia ne consumiamo all’anno poco più di settanta), costo 6 miliardi e un qualche finanziamento europeo già ricevuto per la fattibilità e ricevendo per la realizzazione. Ci doveva essere in firma per garantirne l’autorizzazione un accordo interstatale tra Italia, Grecia, Cipro e Israele; ma la stampa ci informa che i 5 stelle hanno detto di no. Non potendo avviare un’analisi costi-benefici (anche per l’assenza, allo stato, di costi) hanno ripiegato sulla necessità preventiva di una valutazione d’impatto ambientale (si spera non dell’intera tratta). Di analisi e studi sono lastricate le faticose vie del “fare”.

Però nel caso East Med magari non è solo la solita sindrome Banana (“Build absolutely nothing anywhere near anyone”). Possiamo però accorgerci che c’è un nesso tra la Tav e l’East Med e capire che, magari, può succedere che a seguire il Movimento 5 stelle anche il gasdotto stia finendo in un tunnel come la galleria transalpina. Andiamo in ordine cronologico. 14-15 gennaio 2019, Cairo. East Mediterranean Gas Forum. Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Cipro, Grecia e Italia si incontrano a livello di ministri dell’energia e rendono permanente un Forum finalizzato alla cooperazione e allo sfruttamento coordinato delle riserve di gas dell’est mediterraneo. Un accordo di cooperazione economica tra Israele e Palestina e altri paesi arabi una volta avrebbe fatto la prima pagina; ma qui in Italia buchiamo del tutto la notizia (il Financial Times, per dire, la rilancia ancora l’altro ieri).

Chi ci rappresenta non si dà peraltro troppo da fare per pubblicizzarsi. Per noi c’è il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Andrea Cioffi del M5s, che si limita a rilasciare una breve dichiarazione a un’agenzia. La posizione dell’Italia è che il gas del mediterraneo orientale “costituisce una chance per la nostra economia e, soprattutto, per il settore dei trasporti, che ne può trarre forti benefici. Penso all’utilizzo del gas liquido e compresso per la trazione dei camion e delle navi”. Venti miliardi di metri cubi (che, al di là del tubo, è quello che ragionevolmente entro qualche anno da lì si dovrebbe poter esportare) per fare il pieno al camion sono forse un po’ troppi; e il gas “liquido e compresso” deve essere un brevetto 5 stelle, visto che sino a oggi i poteri forti si sono ostinati a predicarci la non comprimibilità dei liquidi (che se Cioffi invece riesce a comprimerli, l’acqua minerale la possiamo comprare a boccette invece che a casse e abbiamo – quasi – risolto il problema della plastica). Ma transeat. Quel che importa è che al 15 gennaio la linea del governo è che il gas del mediterraneo orientale è cosa buona e giusta; e che i Tir andranno a tutto gas.

 

Poi, per carità, Cioffi aggiunge che “importante è utilizzare le infrastrutture esistenti: in Egitto ci sono due rigassificatori, in Italia dei rigassificatori, altri in Spagna”; però si capisce che è giusto ammuina. Lui è al governo; e dunque non può non sapere (basta la rassegna stampa, non serve l’intelligence) che i rigassificatori spagnoli non sono praticamente collegati al resto d’Europa e che la rimanente ”infrastruttura esistente” col cavolo che basta. Tra l’altro, i due rigassificatori d’Egitto (che scritta così sembra una citazione di Totò) nascono in realtà come liquefattori (cioè l’esatto contrario: il rigassificatore ti ritorna gassoso il gas liquefatto, il liquefattore ti rende liquido il gas gasso…); e gli egiziani stanno nel Forum come esportatori di gas (magari previa liquefazione) e non come suoi importatori (magari previa rigassificazione).

Per ortodossia neanche sotto tortura Cioffi ammetterebbe di avere approvato un “fare”; però sa benissimo che senza una qualche infrastruttura il gas buono e giusto non arriva. Sarebbe tentato dalla mongolfiera; ma sa che ci si dovrebbe studiare. Per adesso e sin qui è favorevole al gas; e che qualcuno se lo importi. Poi però colpo di scena e rovesciamento della posizione. Si fa pubblica l’analisi costi/benefici della Tav. Per chi si fosse perso la narrazione, ricordiamo che uno dei punti controversi dell’analisi è il computo a costi delle accise sui carburanti non incassate dallo stato; insomma quello che lo stato ci perde in tasse perché uno spedizioniere poco patriota ha caricato il container sul treno invece di fare il pieno al Tir. Se azzeri sulla colonna costi le accise (e i canoni autostradali) c’è il rischio che vincano i benefici. Corre voce che il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli abbia subito colto il punto; e lanciato il grido d’allarme. Il Tir a gas non paga le accise. Ergo compromette l’analisi costi-benefici. Ergo contrordine compagni. Il gas del mediterraneo orientale non è cosa buona e giusta; ma giusto una fregatura. Blocchiamo subito l’East Med; che se invece lo facciamo ci diventa benefica la Tav.

Qui dunque, nel legame indissolubile di tubo e tunnel, la ragione profonda del rifiuto a firmare. Pare però che di questa nuova linea di governo l’Unione europea, avendoci già messo dei soldi, sia un poco stizzita; e che un qualche stato mediterraneo cominci a chiedersi che cosa ci faccia l’Italia dentro il Forum. Niente paura. Si annuncia uno scatto della cultura del governo e dello stato. Non si può restare insensibili alle esigenze di amici e alleati. Una soluzione si può trovare. In fondo è semplice. Basta resuscitare l’accisa. Il ministro Toninelli, s’immagina, studierà un’accisa sul gas di effetto equivalente a quella sul diesel, e di cui già si annuncia come prossima l’introduzione, che così anche se i camion che fanno il pieno di East Med la Tav resta malefica. La Tav è “accisa”; però per East Med non c’è accisa senza speranza.

* Massimo Nicolazzi è un docente di Economia delle risorse energetiche all’Università di Torino

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