Nazionalizzazioni, il ritorno

Con il remake dello stato imprenditore saremo sì sovrani, ma dei nuovi debiti

di Redazione 29.11 2019 www.ilfoglio.it

Si sta delineando un asse tra i 5 stelle e la Cgil che punta, più o meno esplicitamente, a una nuova stagione di nazionalizzazioni. Quando Giuseppe Conte dice che è vicino il ritiro della concessione di Autostrade per l’Italia o, dopo aver ammesso che non ci sono “soluzioni di mercato” per Alitalia sostiene quindi che bisognerà agire in un altro modo, lascia intendere che l’intervento diretto dello stato imprenditore è tornato a essere un tema di discussione. Maurizio Landini ha più volte evocato questa prospettiva come soluzione “d’emergenza” per le crisi aziendali. Sembra che siano tornati gli anni in cui Amintore Fanfani puntava all’espansione dell’intervento pubblico nell’economia per dare slancio alla crescita postbellica. La differenza da allora però è abissale: le nazionalizzazioni di quella fase avvenivano in un momento di forte crescita, quelle di oggi sarebbero nazionalizzazioni del declino, e difficilmente serviranno a frenarlo. Questo dovrebbe essere chiaro proprio alla Cgil, che ha una tradizione di lotte sociali volte a imporre condizioni favorevoli alla crescita soprattutto del settore privato: Giuseppe Di Vittorio trattava con il “duro” Angelo Costa, Luciano Lama con il “morbido” Gianni Agnelli in questa chiave.

La soluzione di mercato per Alitalia è ciò che la politica non vuole

I commissari dovrebbero lasciare la compagnia al suo destino. Permettendo che gli asset siano comprati dai vettori interessati e che il personale venga in parte reintegrato

La contrattazione delle condizioni di lavoro e poi del ruolo del sindacato in fabbrica nascevano dalla volontà di rappresentare l’interesse dei lavoratori, autonomo dai padroni e dallo stato. Sul piano strutturale, invece, le nazionalizzazioni servivano e in qualche caso riuscivano (come nel caso dell’Eni) a inserire l’Italia in mercati internazionali dai quali era esclusa. Quelle di oggi intendono tenere in piedi nicchie “autarchiche” – e fuori dall’efficienza del mercato – in settori nei quali non si accetta di non poter competere. Se poi a questa combinazione di interessi declinisti si dovesse aggiungere anche una partecipazione “sovranista” per contestare i vincoli europei agli aiuti di stato, la frittata sarebbe fatta. Saremo sovrani sì, ma dei nostri nuovi debiti.

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