In questo teatrino nessuno è reo, nessuno è innocente

Lo scandalo giudiziario intorno alla Fondazione Open, il finanziamento della politica e la saggezza manzoniana. Dipende tutto dal saper prendere bene le grida, e dall’imparzialità di chi le maneggia

di Giuliano Ferrara 1.12 2019 ilfoglio.it

Commenti 7, lettura 7’

Molti politici non vogliono pigliare pesci, ché pescare è per paradosso uno sport da coraggiosi, e tacciono invece di prendere posizione. Molti di noi, di fronte allo scandalo giudiziario intorno alla Fondazione Open e al giro di Matteo Renzi, non sappiamo che pesci pigliare. Di qui le prudenze, gli imboscamenti, i rinnegamenti e altra consueta materia di renitenza a capire e di viltà che abbiamo ben conosciuto fin dagli anni, e qui il tempo si è fermato, di Craxi e di Berlusconi. Io mi faccio aiutare da Alessandro Manzoni, conoscitore del cuore umano e dei fatti di giustizia: mise in bocca al dottor Azzecca-garbugli che “a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo e nessuno è innocente”. E lì siamo, immobili intorno alla verità di quel brocardo.

Una volta i finanziamenti erano rigorosamente in nero, mazzette, in rubli in dollari in lire. Gli agenti del nero circolante erano eroi della causa nella Guerra fredda, e nell’epoca in cui furono approvati i finanziamenti pubblici un’amnistia (1989) li liberò dal fardello di doverlo eventualmente dimostrare in tribunale. Poi c’erano i profittatori, e quelli ci sono sempre, specie quando un flusso finanziario è segreto e corre di mano in mano. Era un sistema, che a un certo punto saltò travolgendo la repubblica dei partiti. Poi nelle diverse e minori incarnazioni di una vecchia storia di sistema, ecco che le gride, cioè le leggi, cambiano. I finanziamenti pubblici non ci sono più, e quelli privati sono assoggettati a regole. Ma “a saper ben maneggiare le regole, nessuno è reo e nessuno è innocente”.

La reputazione degli uomini pubblici dipende interamente dalla forza, non dalla giustizia. E per forza si intende il tipo di azione investigativa esercitata dalla magistratura, la sua direzione, la sua disponibilità allo scambio con il sistema mediatico attraverso i leaks, le propalazioni, il suo accanimento e senso del teatro. Nessuno può negare che i politici siano amici e sodali di professionisti, che mettano su associazioni allo scopo di finanziare la loro attività, e che tutto questo determini un campo di influenza e di potere inevitabilmente mescolato, a parte le ovvie distinzioni tra atti legali e non legali, con le decisioni, le nomine, le mille occasioni in cui vantaggi, interessi, fedeltà a una politica e a una squadra che la promuove, si fanno largo. Ma chi decide se un prestito privato, regolarmente rimborsato, è un finanziamento irregolare della politica o del politico? Chi può negare che un prestito si chiede a un amico, e che l’amico di un politico è spesso in cordata con lui e con il gruppo? Come ci si districa nel garbuglio delle gride anticorruzione, dell’osservanza dei precetti relativi ai conflitti di interessi e al traffico di influenze, fantasmatici elementi della vita reale ossificati in reato penale con somma leggerezza? Il finanziamento della politica sarà – s’immagina – materia per avvocati, notari, collaboratori di un leader che è portavoce di tutto il progetto, dunque anche deputati, senatori, sindaci o che so io. E ciascuno porta la sua impurità, per dir così. Questo prende parcelle per il suo mestiere, l’altro negozia su appalti e altro ancora, quest’altro manovra perché nessuna cattiva intenzione di incastrare il gruppo con pretesti grideschi vada in porto, e ognuno ha la sua parte di reità e di innocenza, direbbe il dottore manzoniano.

Dipende tutto dal saper prendere bene le gride. E dall’imparzialità, dall’equilibrio di chi le maneggia, dalla responsabilità di chi dà conto del tutto nei media. Uno può procurarsi una reputazione di imbroglione o mantenere una credibile fama di politico senza pecche eccessive a seconda di come la forza delle gride, che non è giustizia, pencola da una parte o dall’altra, viene interpretata, sminuzzata, riproposta alla pubblica opinione, in parallelo con il consenso popolare, che da questa forza poi dipende in larga misura, in un gioco di rimandi, opposizioni, intimidazioni, calunnie, denunce, minacce. Va’ poi a vedere se tutto era fatto per bonifici, se niente era in sé contro la legge, se i conflitti d’apparenza fossero più o meno evitabili, e va’ poi a vedere come si distingue la conformità alla legge dal buon gusto. E’ un sistema, imperfetto come tutti i sistemi, e fondato per di più su una ipocrita presunzione di colpevolezza di chiunque riceva finanziamenti pubblici o privati senza i quali la democrazia politica non saprebbe come organizzarsi. E in questo teatrino che mette alla gogna ora questo ora quello in realtà nessuno è reo e nessuno è innocente.

Commenti

Giovanni Attinà

02 Dicembre 2019 - 10:04

Sulle vicende renziane e sulle Fondazioni dovrebbe valere una sola regola: applicare l'articolo 49 della Costituzione, in modo da evitare tanta confusione con partiti personali, regolati addirittura dal web, dive i cittadini che votano non contano niente e idem gli iscritti perché le regole democratiche sono calpestate

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Rispondioliolà

01 Dicembre 2019 - 20:23

Guardi, Emerito, non mi faccia incacchiare più del consueto. Primo, perché va a sfruculiare don Lisander dimenticando l'Innominato, fra Cristoforo e il Cardinale. Poi, chi sa come, prende quelle tre figure paradigmatiche che in cuor mi stanno e le tira fuori dal mazzo senza riguardi, come figuri. Ma una più di tutte, ché a schierare i carabinieri di fronte ai fanti di marina americani già ce ne vuole e a dire in Parlamento chi è senza peccato parli ora o taccia per sempre e tutti zitti, ce ne vuole molto di più. Qui sembra di tutte l'erbe un fascio e il popolo, per sua natura, ama i fasci e segue chi lo accarezza per il verso del pelo. Classe Dirigente, pfui! Arengu e bacagliari.

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Rispondilucafum

01 Dicembre 2019 - 19:26

Corollario; le leggi si interpretano per gli amici, e si applicano per i nemici. Con tutta la guerra che i sinistri han sempre mosso a Renzi, reo anzitutto di apostasia e di eresia dalla Originaria Idea di Sinistra, quindi meritevole di essere arso vivo sulla pubblica piazza (non su fascine di legni, bensì di copie cartacee de Il Fatto, Il Corriere, La Repubblica, l'Huffington Post -per l'occasione stampate- e così via). Chapeau a Renzi, dunque, l'unico Politico che abbia saputo deviare lo straripante fiume gialloverde (cioè tinta marrone, per inciso); e che ora sta pagando la fatwa emessa dagli ex-compagni, preferiendo costoro veder l'altro Matteo allo scranno... . Del resto, la sinistra in germania negli anni 20 aveva fatto lo stesso: scannarsi. Comprendo che il resto della Magistratura, ovvero coloro che lavorano seriamente, preferiscano tacere; mi chiedo però se non sia a lungo termine utile che, almeno tra di loro, invece, qualche cosa di importante venga detto.

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Rispondidongivu

01 Dicembre 2019 - 19:11

A saper ben maneggiare le regole, nessuno è reo e nessuno è innocente. La reputazione degli uomini pubblici dipende interamente dalla forza, non dalla giustizia. Prima di Manzoni, Macchiavelli docet

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01 Dicembre 2019 - 17:52

Bella, congrua descrizione. Le varie, difformi, avverse, ineliminabili forme concettuali e operative della natura umana rendono assiomatico, cioè evidente senza bisogno di dimostrazioni, che il conflitto tra il com'è e come cento voci diverse vorrebbero, ciascuna secondo sé, che fosse, sola bacula hominun sunt. Questo è ottimismo.

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Rispondimapatri

01 Dicembre 2019 - 12:30

Nello schema maggiore dove si confrontano i poteri in lotta per la supremazia, si inserisce anche quello minimo delle debolezze umane: Se il tuo clan è mio nemico, io sarò il tuo. Tra giustizia e sovranità popolare, a vincere sulla forza che tiene insieme le istituzioni è la debolezza. Uno scenario nel quale la politica debole, se pure riesce a comunicare, è incapace di dare concretezza e continuità ai suoi obiettivi e la giustizia dell'obbligatorietà dell'azione perde quando solide prove mancano ai teoremi accusatori, naufragando in dibattimento a ricordarci quanto può essere insopportabile la presunzione al potere e quale capacità di corruzione dell'animus ha quello autoreferenziale e inamovibile. Una gran bella lotta. A perdere.

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