Il silenzio dei democratici. Il governo degli irresponsabili e l’egemonia culturale di Vito Crimi

I decreti sicurezza sono ancora lì, il Pd fa finta di niente, Di Maio esulta per la collaborazione con la guardia costiera libica e perché l’Unione europea riconosce il «pull factor», e il problema sarebbe Scilipoti?

Francesco Cundari, 18.2.2020 linkiesta.it – lettura 3’

Non sorprendentemente, sui decreti sicurezza, la maggioranza non è riuscita neanche ieri a trovare un accordo, di fronte alla fermezza con cui il Movimento 5 stelle ha continuato a difendere la linea dura. Ma questa, naturalmente, non è una provocazione, tanto meno un ricatto, come ci spiegheranno senz’altro i giornali di oggi. Del resto, che fretta c’è? Sono passati appena cinque mesi dalla nascita del governo. L’importante è smettere di chiamarli «decreti sicurezza», come ripete sempre Nicola Zingaretti, e chiamarli invece «decreti propaganda». Resterebbe da capire per quale ragione, da cinque mesi a questa parte, il Pd continui ad alimentare la propaganda di Matteo Salvini. Ma questo, al punto in cui siamo arrivati, forse è persino il problema minore.

Il problema maggiore è l’ipocrisia di un dibattito in cui si grida allo scandalo per il possibile ingresso in maggioranza di un gruppo di «responsabili», mentre si continua a presentare come un’eletta schiera di statisti il governo degli irresponsabili. Nel senso letterale del termine, si capisce: in quanto composto da personalità che pretendono di non rispondere mai delle proprie azioni, capaci di passare dal governo con Matteo Salvini al governo nato con l’unico scopo di evitare che Matteo Salvini vada al governo senza pronunciare mai una sola parola, non dico di autocritica, ma nemmeno di spiegazione (aiutati dal fatto, va detto, che nessuno gliene chieda alcuna).

E così, mentre al tavolo della pseudo-verifica, o comunque si voglia chiamare questa assurda cerimonia, ministri e sottosegretari discutono di come non cambiare i decreti Salvini, dopo essersi già interrogati per mesi su come non cambiare una virgola dei vergognosi accordi con i libici, il ministro degli Esteri di quello stesso governo può dichiarare esultante che «l’Italia è stata ascoltata perché avevamo detto che è inutile pattugliare la costa ovest, intercettando le rotte dei migranti, perché lì lavoriamo con la Guardia costiera libica». Nonché per il fatto che l’Europa abbia finalmente riconosciuto il «pull factor». In altre parole, dopo avere annunciato la chiusura della missione Sophia, nata per contrastare il traffico di migranti, che sarà sostituita da un intervento mirato esclusivamente a bloccare il traffico d’armi verso la Libia, l’Ue ha deciso che qualora le navi si rivelassero un «pull factor» (fattore di attrazione per l’emigrazione), le ritirerebbe subito. Non sia mai qualcuno pensasse di approfittarne per scappare dai lager.

Come i più attenti tra i lettori ricorderanno, questo del «pull factor» è proprio l’argomento principe usato da Salvini nella sua campagna contro le Ong, alla base delle misure più invereconde dei decreti sicurezza, a cominciare dalle multe per chi salva vite in mare. Quelle che, stando alle anticipazioni dei giornali, la ministra Luciana Lamorgese, bontà sua, voleva riportare a una cifra tra i diecimila e i cinquantamila euro. Cioè a quanto originariamente previsto da Salvini, prima che gli emendamenti del Movimento 5 stelle la portassero fino a un milione di euro.

Ricapitolando, nel momento in cui la maggioranza discute animatamente di come non cambiare assolutamente nulla di tutto questo, il ministro degli Esteri esulta – rivendicandolo come sua vittoria – per il fatto che l’Europa sembra fare propria la linea del governo gialloverde.

E adesso vorreste dirmi che il problema è l’eventuale ingresso in maggioranza di una pattuglia di «responsabili», sul modello del gruppo animato a suo tempo da Domenico Scilipoti e Antonio Razzi? E cosa avrebbe uno Scilipoti da invidiare, chessò, a un Giuseppe Conte, che ai tempi del governo con Salvini non esitò a dichiarare l’intenzione di ricreare nei cittadini la stessa fiducia che animava gli italiani l’otto settembre del 1943? E che cosa avrebbe Razzi in meno di Danilo Toninelli, che in ogni intervista continua a rivendicare di essere stato lui a chiudere i porti, come ministro dei Trasporti, anche a pochi giorni dal voto parlamentare in cui lui e tutto il suo gruppo si sono pronunciati per mandare Salvini a processo, proprio per avere chiuso arbitrariamente i porti?

Per quale ragione dovremmo oggi scandalizzarci dei nuovi «responsabili», dei quali peraltro nessuno risulta aver mai creduto alle sirene, messo in dubbio lo sbarco sulla luna, e tantomeno votato tutti gli assurdi provvedimenti che un bel pezzo dell’attuale maggioranza, dopo averli definiti criminosi, continua a mantenere intatti? Se tutto ciò non bastasse, ieri sera, al termine della giornata in cui si sarebbero dovuti cambiare radicalmente, se non cancellare, i suddetti decreti sicurezza, l’attuale facente funzioni di capo politico del Movimento 5 stelle, Vito Crimi, ha dichiarato: «Affrontiamo tutti insieme la materia in modo razionale, senza alcun approccio ideologico: i decreti sicurezza hanno rappresentato un grande passo in avanti».

Ora, sinceramente, che vi ha fatto di male Domenico Scilipoti?

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