La parodia di SchmittIl paradosso dello stato di eccezione permanente (con governanti tutt’altro che eccezionali)

Il lockdown istituzionale è cominciato ben prima del Covid. Semmai, sarebbe ora di uscirne. Ma il pasticcio sul codicillo dei pieni poteri a Gualtieri dimostra che la strada è lunga

Francesco Cundari, 25.6.2020, linkiesta.it   lettura3’

La logica emergenziale è sempre pericolosa.Tanto più in Italia, dove nulla è più definitivo del provvisorio, ragion per cui bisognerebbe sempre astenersi dall’abusare di misure eccezionali, ma dove è anche vero che nulla, specialmente in tema di equilibri politici e di governo, è più provvisorio del definitivo. Ragion per cui bisognerebbe fare molta attenzione ai precedenti che si stabiliscono.

Si dirà che la pandemia è un’emergenza mondiale, che giustificava e forse giustifica ancora molte eccezioni, il che è vero. E tuttavia è vero anche che il nostro lockdown istituzionale è cominciato ben prima dell’epidemia. È lo spirito con cui è nato, in piena logica dell’emergenza, l’attuale governo. Ma soprattutto è lo spirito con cui l’attuale governo ha affrontato ogni questione aperta. Lo stesso con cui tanto la maggioranza quanto i diversi sostenitori di questo precario equilibrio hanno teso a giustificare ogni scelta (o anche, il più delle volte, ogni omissione).

Dunque è su di loro che ricade l’onere della prova. Sono quelli che sostengono il governo, con l’argomento della minaccia democratica rappresentata da Matteo Salvini, a doverci spiegare cosa intendono fare, se non per migliorare, almeno per non peggiorare la situazione, proprio dal punto di vista democratico. Dal momento in cui il governo ha lasciato intatti tutti i provvedimenti da loro stessi denunciati come tra i più pericolosi e dannosi per la democrazia e la convivenza civile (come i decreti sicurezza), sta a loro dimostrarci come e perché tutto questo non dovrebbe spianare la strada a ulteriori torsioni nello stesso senso.

Il guaio è che l’azione di governo continua a procedere speditamente nella direzione sbagliata, come dimostra da ultimo il pasticcio intorno al comma dei pieni poteri a Roberto Gualtieri inserito nel decreto Rilancio, su cui un parlamentare scrupoloso ma certo non ostile al governo come Stefano Ceccanti (non a caso un costituzionalista) è stato tra i pochi ad alzare la voce, nella maggioranza. Lo hanno fatto, ovviamente, dall’opposizione, a cominciare da Giorgia Meloni, che ha denunciato il colpo alla divisione dei poteri e alla democrazia parlamentare, dal momento in cui si prevedeva che Gualtieri, con un semplice decreto ministeriale e dunque senza ripassare dal Parlamento, potesse spostare miliardi da una voce all’altra delle numerose e ingenti misure già approvate.

Ebbene, c’è poco da dire: aveva ragione Meloni. Tanto è vero che ieri il governo, dopo lungo e inoperoso silenzio, ci ha messo almeno una toppa, presentando un emendamento che prevede il parere delle commissioni competenti.  

 

Certo il ministro dell’Economia è figura più rassicurante di Matteo Salvini, da ogni possibile punto di vista, ma resta la questione del precedente, resta la questione di principio (nel metodo e nel merito) e resta la questione politica, che va al di là della pur importante discussione sull’emendamento e sulla necessità di eventuali, ulteriori correzioni di rotta.

Il punto decisivo non richiede particolari approfondimenti tecnici. Semplicemente, fornire di continuo a Salvini e Meloni fondati argomenti per accusare il governo di comprimere le prerogative del Parlamento e dell’opposizione non appare il modo migliore di difendere la democrazia italiana dalla minaccia rappresentata da un’eventuale vittoria elettorale di Salvini e Meloni.

Limitarsi a dire che la situazione è eccezionale, e che servono dunque misure eccezionali, è una scorciatoia che si può prendere una volta, con grande cautela e presentando le dovute giustificazioni, a voce bassa e con buona educazione. A forza di sentirsi ripetere che la situazione è eccezionale, a qualcuno potrebbe venire in mente che servano anche governanti eccezionali.

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