Sala (quasi) contro Bentivogli nella città in smart working

Per il sindaco di Milano le aziende approfittano del lavoro agile per ridurre i costi. Per l'ex segretario della Fim Cisl sono i dirigenti il vero problema. Due lingue e un pensiero all'East River

FABIO MASSA 20 SET 2020 ilfoglio.it lettura3’

Rivoluzione smart working sì, ma adagio e con juicio. Pare questa la posizione di Beppe Sala, che è tornato a parlare in pubblico in un confronto

con Marco Bentivogli all’East River, uno degli appuntamenti nel palinsesto di “Ricomincia con noi”, organizzato dal Pd di Milano, a due passi da un viale Monza dove ci sono quasi più auto parcheggiate sulla contestata pista ciclabile che

nei parcheggi normali. Il sindaco non è contrario allo smart working, sebbene abbia per primo segnalato che la città “vuota” sarà un problema, perché le rivoluzioni hanno tempi lunghi: “Figurarsi se posso essere contrario, ho fatto il direttore generale di Telecom, non posso essere contrario alla tecnologia”, precisa.

Il problema “è che cosa si intende per smart working. Perché io ve lo posso dire: lavoratori e aziende lo intendono in modo diverso. Il dipendente dice sì perché così può stare a casa e gestire meglio i propri tempi. Ma l’azienda vuole solo ridurre i costi. Oggi ci accorgiamo che i consumi sono in discesa, e lo saranno a lungo. Allora che cosa fanno le aziende? Io le conosco bene: ridurranno i costi. Partendo dagli spazi, e poi ridurranno le persone. E questo sarà un problema. Perché lo smart working non è quello che è stato fatto fino ad oggi. Smart working è il cambiamento da una logica di controllo sugli orari a un lavoro per obiettivi. E invece oggi ci sono strumenti di controllo sui lavoratori da casa”.

Poi Beppe Sala tira la bomba a effetto: “Se il lavoro si trasforma il nostro Statuto può rimanere così oppure va rinnovato drasticamente?”. Marco Bentivogli, invece, insiste sulla meta più che sul percorso: “Lo smart working funziona se in cambio di maggiore autonomia c’è maggiore flessibilità. Il problema è che i grandi manager sono impreparati a gestire il cambiamento, e oggi si oscilla tra cottimo digitale e smart holiday. Il mio amico Piero Ichino sbaglia sui dipendenti pubblici. Sono i dirigenti il problema. Anche la città deve cambiare insieme al lavoro: ma vi pare una città smart quella che obbliga un lavoratore a prendere l’auto, e poi il treno, e poi i mezzi per recarsi in centro per lavorare? Io la considero una cosa stupida, che rende i luoghi di origine dei dormitori. La sinistra italiana non ha capito che delle tre rivoluzioni in atto, quella ambientale, quella sociale e quella digitale è il mondo del lavoro il punto di incrocio”.

Bentivogli insiste sullo spingere la rivoluzione, in particolare quella digitale. E Sala torna sulla rete unica che fece ipotizzare a qualcuno la sua voglia di gestirla: “La rete sarà decisiva per lo smart working. Chi la gestirà? È un tema fondamentale”, spiega. “Io sono per una banda ultralarga unica e neutrale, ma l’Italia è un paese tecnofobico e antiscientifico – dice Bentivogli”. Il south working? “Ma se non c’è neanche la banda larga in molti territori”, insiste. “Il problema è che per molti professoroni il sud Italia deve rimanere un buen retiro, niente tecnologia, niente di niente”. Milano e il sud, distanti ma uniti da un problema da niente sul futuro del lavoro.

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