Salvini vuole rompere con il Cav. Ma Giorgetti lo placa. "Sul Mes ci divertiremo"

I tormenti del Capitano tra chi gli dice di staccare la spina a Forza Italia e chi lo calma

VALERIO VALENTINI 27.11. 2020 ilfoglio.it

Il leader della Lega spinge per la federazione del centrodestra e sogna un predellino. Ma il suo vice lo frena: "Non rompiamo Pensiamo al Ppe in Europa"

Bruciare i tempi della federazione del centrodestra e “chi ci sta ci sta”. La voglia di predellino, insomma, c’è. Eccome. E anima un combattuto Matteo Salvini. Ancora una volta stretto tra il “mojito magico” (il cerchio dei nuovi consiglieri) e la vecchia guardia del Carroccio (Giancarlo Giorgetti). Di sicuro, il leader della Lega (e Giorgia Meloni) ha mal digerito la “fuga in avanti” di Silvio Berlusconi sullo scostamento di bilancio. Un colpo di sponda andato in buca, quello del Cav., che ha rischiato di far saltare il centrodestra, e che sta gettando il Capitano nel labirinto dell’indecisione: “Rompo o non rompo? E quando rompo?”.

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Il calendario rischia di mettere di nuovo alle strette la convivenza di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il 9 dicembre, quando il premier informerà le Camere in vista del Consiglio europeo, Salvini ha intenzione di alzare i toni contro il “Mes, contro questa Europa, contro il tradimento di Conte”, solleticando anche le pulsioni più profonde del M5s.

Le acque del centrodestra, in quell’occasione, saranno destinate a separarsi, vista la posizione degli azzurri a favore del fondo salva-stati. La conta interna, e quindi la rottura, sarà il preludio del predellino di Salvini?

In molti, tra i suoi nuovi consiglieri come Claudio Durigon, Massimo Casanova ma anche la coppia Borghi & Bagnai, gli dicono di non farsi troppi problemi a strappare: “Matteo, siamo scesi nei sondaggi da quando non stiamo più al governo e soprattutto da quando siamo tornati con Silvio: prima prendevamo i voti anche degli ex grillini antiberlusconiani, ora non più”.

Per i falchi, ci sono anche le colombe. Rappresentate da Giancarlo Giorgetti, il più calmo l’altra mattina, davanti alle tentazioni muscolari della pancia leghista. “Non ha senso rompere con Berlusconi, adesso. Ragazzi, bisogna guardare il contesto europeo: stiamo cercando un dialogo con il Ppe, come facciamo a rompere con chi nel Ppe ci sta? Calma e gesso”, è il pensiero condiviso dal vicesegretario e responsabile Esteri del Carroccio con i parlamentari più fidati. Dunque Giorgetti frena, placa gli ardori e i possibili colpi di testa del Capitano. Anche da Fratelli d’Italia, chi ne ha viste tante come Ignazio La Russa, consiglia a Giorgia Meloni la medesima prudenza. Questione, anche in questo caso, di pura strategia. “Ai tempi del patto del Nazareno, Salvini e Giorgetti lo vedevano di buon occhio perché se Silvio fosse andato stabilmente tra le braccia del centrosinistra gli avrebbe liberato spazi di manovra al centro”. Dove appunto Salvini (e ora anche Meloni) mirano ad allargarsi visto il presidio militare, con derby interno, dell’area sovranista.

E comunque il patatrac è stato davvero a portata di mano l’altro giorno. Anzi, a un certo punto la rottura era stata perfino pianificata. Quando Salvini s’è confrontato con Antonio Tajani e Licia Ronzulli, all'alba di giovedì, nel suo studio a Montecitorio, l’ipotesi era sul tavolo. “Se dico ai miei di astenerci, sullo scostamento, voi che fate?”. Magari era una provocazione, uno sfogo della rabbia accumulata. Sta di fatto che in quel momento un gruppo di deputati berlusconiani si è visto telefonare da Andrea Mandelli, che tra gli azzurri filoleghisti è uno dei colonnelli, a Montecitorio, e s’è sentito fare la domanda fatidica: “Sareste pronti a votare in dissenso dal gruppo?”.

Al che loro hanno sobbalzato, perché mezz’ora prima l'avevano ascoltato dalla viva voce del Cav., l’imperativo categorico: “Votiamo lo scostamento”. Li hanno seguiti, poi, certo. Ma non è affatto stato scontato. Perché in effetti, alla vigilia della conta in Aula, l’orientamento condiviso, ancora da confermare, era quello di un’astensione unanime del centrodestra. Con pezzi azzurri, come Renata Polverini, in contatto con i vertici del Mef. Ore di tribolazioni e contatti paralleli, anche un’intervista tv di Berlusconi è saltata in extremis per non irrigidire ancora di più gli alleati. Poi, com’è andata a finire si sa: col successo del Cav. Ma non era una finale. Magari per il centrodestra è stata solo la partita di andata.

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