“La privacy non esiste più per nessuno”: il servizio di Report sulla diffusione di dati sensibili attraverso le telecamere cinesi

Il fulcro del servizio di Report riguardava le centinaia di migliaia di telecamere cinesi piazzate in luoghi strategici del nostro Paese, alimentando una cultura del sospetto che in Italia sembra non morire mai

ANDREA BERTON, 2.6. 2021 Qdpneuws.IT lettura3’

Mentre il mondo intero riflette ancora sulle parole di Anthony Fauci, consulente del presidente Usa Joe Biden sulle strategie per la pandemia, che ha detto di non essere “convinto” che il Covid-19 si sia sviluppato naturalmente al di fuori del laboratorio di Wuhan, in Italia si discute ancora dell’inchiesta di Report intitolata “L’occhio del Dragone”.

Il fulcro del servizio di Report riguardava le centinaia di migliaia di telecamere cinesi piazzate in luoghi strategici del nostro Paese, alimentando una cultura del sospetto che in Italia sembra non morire mai.

La Repubblica Popolare Cinese utilizzerebbe le stesse telecamere per il progetto di monitoraggio degli Uiguri nello Xinjiang: un avanzato sistema di riconoscimento facciale e di raccolta di dati biometrici, persino vocali, che rende possibili arresti preventivi.

Milioni di telecamere disseminate in tutto lo Xinjiang e l’intelligenza artificiale che analizza le immagini e stabilisce se siamo arrabbiati o pericolosi oltre all’etnia di appartenenza delle persone.

Le stesse aziende che forniscono le telecamere intelligenti a questo programma cinese sono tra i principali fornitori di ministeri, aziende strategiche, siti sensibili come Malpensa e Fiumicino e persino la Rai.

La narrazione ufficiale del governo cinese è che non ci sarebbe nessun campo di detenzione nello Xinjiang, come ha confermato Fabio Massimo Parenti, docente della China Foreign Affairs University, in un periodico cinese.

“Sono centri di formazione professionale – ha affermato Parenti – Un percorso forzato di reintegrazione e rieducazione di persone e famiglie ai margini, gente che era stata reclutata per fare attività di attacco alle istituzioni in funzione anti-cinese”.

In una relazione di fine 2019, il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) aveva avvertito che le aziende di Pechino potrebbero essere costrette a passare le informazioni al loro governo: per questo aveva suggerito di escluderle dalla rete 5G italiana.

“La privacy non esiste più per nessuno”: questo il commento di Michele Geraci dell’Università di Nottingham-Ningbo (Cina) sulla vicenda.

Geraci ha anche aggiunto di non aver mai visto un documento che provi delle azioni illecite da parte delle aziende cinesi, che producono queste telecamere, in grado di mettere in discussione la sicurezza nazionale dell’Italia.

Nel servizio di Report il professor Antonio Selvatici, che insegna Intelligence Economica all’Università di Roma – Tor Vergata, ha spiegato che queste società cinesi che producono le telecamere sono diventate delle multinazionali e quindi il problema interessa anche noi.

Per fare un esempio, Hikvision, fornitore a livello mondiale di prodotti e soluzioni per la sicurezza, è leader del mercato in Italia e negli anni ha piazzato le sue telecamere anche in luoghi strategici per la sicurezza nazionale: palazzi delle istituzioni, aeroporti come Malpensa e Fiumicino, tribunali, ministeri e luoghi dove operano le forze dell’ordine.

Con la pandemia anche i rilevatori di temperatura si sono moltiplicati e con loro l’intelligenza artificiale che studia e analizza ogni immagine dietro gli occhi teneri di un “panda”.

Nel servizio di Report si sostiene che dietro quegli occhi ci sono le leggi sulla sicurezza emanate da Pechino nel 2017, che impongono di rivelare informazioni sensibili qualora vengano richieste dal governo.

Gli Stati Uniti hanno messo al bando Hikvision, ritenendola implicata in violazioni dei diritti umani ma anche per ragioni di sicurezza nazionale, ma Massimiliano Troilo, general manager Hikvision Italia, ha risposto alle accuse sottolineando che una rete chiusa non permette un controllo da remoto e quindi il problema non sussiste.

Molte telecamere presenti in Italia sono state acquistate in Cina e, secondo l’inchiesta di Report, il rischio di trasferimento di dati sensibili verso il colosso asiatico è molto alto, visto che sono state posizionate anche nei palazzi delle istituzioni e nei tribunali.

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