"I dem? Pensano soltanto a governare. Il centrosinistra è morto domenica"

Lo storico leader di Prc: "Dovrebbero occuparsi della società e non solo di Palazzo Chigi, ecco perché il Nazareno non ha alcun futuro"

Francesco Curridori ilgiornale.it 28,9,2022 lettura2’

"I dem? Pensano soltanto a governare. Il centrosinistra è morto domenica"

«Le elezioni sono avvenute senza una sinistra in campo. Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione Comunista, traccia un futuro a tinte fosche per il centrosinistra italiano che, a suo dire, è destinato a morire dopo queste elezioni.

Onorevole Bertinotti, perché è così pessimista?

«Partiamo dal fatto che esistono due sinistre. La prima, quella storica, quella dei socialisti, dei comunisti e dei socialdemocratici, vive nel dopoguerra e finisce con la fine del '900. La seconda è il centrosinistra di marca prodiana e il suo perno è la nascita del Pds, poi Pd. La sua epoca finisce adesso, con la sconfitta a queste elezioni. Una sconfitta che ha un nome preciso: governabilità».

Si spieghi meglio...

«Il centrosinistra ha smesso di avere una qualsiasi missione di società e qualunque progetto di riforme strutturali. Il Pd dimette sia l'uno sia l'altro e assume a nuova divinità la governabilità. Sia da vincitore sia da vinto, è sempre stato al governo perché il governo è la sua ragione d'esistere. Questa sconfitta elettorale demolisce la divinità della governabilità e, perciò, il centrosinistra è morto. Per la sinistra e per il centrosinistra siamo entrati in un'altra storia».

Quindi, secondo lei, se il governo Meloni non durasse cinque anni, il Pd dovrebbe comunque restare all'opposizione?

«La sinistra, prima del governo, deve occuparsi della società. Ma non solo. Non si fa opposizione perché si è contro chi è al governo, ma se si hanno degli obiettivi sociali, politici e culturali che costituiscono una critica all'attuale modello di sviluppo come, per esempio, la riduzione dell'orario di lavoro o l'aumento dei salari».

È più di sinistra il Pd o il M5S?

«Nessuno dei due. Se loro stessi non si definiscono di sinistra, non capisco perché dovrei farlo io. D'altronde non sono partiti di sinistra».

E il Pd, secondo lei, ha un futuro?

«Il Pd, così com'è oggi, non ha futuro. È arrivato a un punto di crisi della sua incerta esistenza. La politica è, in primo luogo, la tua identità e, in secondo luogo, un programma di società. Se il futuro di una forza politica anziché essere definito sul programma viene stabilito sulle alleanze, significa che non ha un'identità. Non sa chi è e cerca di trovare la legittimazione della sua esistenza in un'alleanza. Mi sembra un'operazione impedente la vita di un soggetto politico, sia che si allei con i centristi sia con i grillini. Le alleanze sono un escamotage tattico per evitare di porsi il problema della propria identità. Alla domanda tu chi sei? il Pd ha risposto semplicemente: Sono quello che governa».

Crede che Letta abbia sbagliato a focalizzare tutta la campagna elettorale sul tema del fascismo?

«No, semmai il problema è stato posto male. Noi stiamo entrando in una fase che succede al Dopoguerra italiano e la conferma si trova nel fatto che al governo, legittimamente, ci va la leader di un partito, come Fratelli d'Italia, che è erede di una forza politica che non partecipò all'Assemblea Costituente. Ora inizia una nuova fase che potremmo definire a-fascista. La presidenza del Consiglio simboleggia la fine del Dopoguerra, caratterizzato dal primato dell'antifascismo, e l'ingresso in una fase nuova. Il fascismo e l'antifascismo non riguardavano queste elezioni. L'errore non è stato alzare la bandiera antifascista, ma polarizzare l'ascolto nei confronti della Meloni».

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