In controluce. Morto Falcone morì anche l'inchiesta sui fondi russi diretti al Pci C'è un libro che spiega perché. E i Partiti fratelli Non lo vedrete recensito altrove

POLITICA ITALIAOGGI - NUMERO 271   PAG. 8 DEL 14/11/2015 Questa è l'Italia dei misteri, l'Italia dei mafiologi, l'Italia 5 Stelle, dove non c'è complotto che non abbia i suoi cultori

14.11.2015 di Diego Gabutti Italiaoggi.it lettura2’

Non è una storia nuova, anzi è storia vecchia come la seconda repubblica, ma il racconto del viaggio mancato di Giovanni Falcone a Mosca (dove avrebbe dovuto accordarsi col procuratore generale della Federazione russa, Valentin Stepankov, per indagare sulla sparizione dei fondi del partito comunista russo, probabilmente transitati in Italia quando gli ultimi burocrati lasciarono il Cremlino ciascuno con un sacco pieno di dollari sulle spalle) viene subito dimenticato ogni volta che qualcuno ha il cattivo gusto di tornarci sopra.

Questa è l'Italia dei misteri, l'Italia dei mafiologi, l'Italia 5 Stelle, dove non c'è complotto che non abbia i suoi cultori. Eppure scommetto un caffé che, pochi recensori e fogli disallineati a parte, nessuno s'occuperà volentieri del libro scritto da Francesco Bigazzi (già autore con Valerio Riva dell'Oro di Mosca) in collaborazione proprio con Valentin Stepankov, oggi ex procuratore generale della Federazione russa. Il viaggio di Falcone a Mosca. Indagine su un mistero italiano (Mondadori 2015, pp. 352, 20,00 euro, ebook 9,99 euro) non è fatto per piacere agli ex e ai post, che una loro mezza egemonia culturale ancora la esercitano.

Non è, intendiamoci, un libro perfetto. Costruito come un puzzle, fatto di lunghe citazioni dai libri di Stepankov pubblicati in Russia e di verbali d'interrogatorio ai vari responsabili dei dipartimenti economici del partito comunista, a membri dell'ufficio politico, allo stesso Mikail Gorbaciov, Il viaggio Bigazzi e Stepankov di Falcone a Mosca è un libro (ammettiamolo) un po' tirato via. In compenso è pieno di cose. Bigazzi e Stepankov spiegano, attraverso documenti e verbali, che specie di sistema fosse quello sovietico: puro arbitrio costituzionale. Gli organi centrali del partito potevano attingere in ogni momento, e senza giustificazione, alle casse dello stato.

Spiegano anche che specie di partiti fossero i partiti fratelli, compreso quello italiano: macchine ideologiche a vapore, le cui caldaie bruciavano denaro, e non sempre per alimentare le campagne politiche. Raccontano, soprattutto, che i documenti nei quali era provato il passaggio dei fondi del partito sovietico in Italia erano stati visionati da Falcone prima dell'attentato in cui perse la vita insieme alla moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e a tre agenti della scorta.

Dopo la sua morte, altri documenti della procura generale russa, che coinvolgevano nell'inchiesta sia il partito comunista italiano che la mafia, vennero inoltrati in Italia, dove furono bellamente ignorati.

Sospetta - secondo Stepankov e molti altri osservatori, da Paolo Cirino Pomicino e Giulio Andreotti all'ex presidente della repubblica Francesco Cossiga, per non parlare degli specialisti russi di servizi segreti e terrorismo - fu anche la meccanica dell'attentato. Mai prima la mafia aveva fatto ricorso a una simile tattica di combattimento, tipica dei movimenti di guerriglia e dei gruppi terroristici come l'Ira o l'Eta, e mai più vi fece ricorso in seguito. Morto Falcone, morì anche l'inchiesta sulla scomparsa, via Pci e mafia siciliana, dei fondi segreti dei comunisti russi.

Magari si tratta solo d'una coincidenza. Giovanni Falcone, dopotutto, aveva più nemici dei supereroi dei fumetti, e la mafia aveva già attentato alla sua vita. Forse l'inchiesta del procuratore capo della Federazione russa si sarebbe arenata comunque (come da noi le inchieste dei magistrati che passano alla politica proprio per consolarsi dopo buchi giudiziari nell'acqua particolarmente clamorosi). Ma il fatto è che dell'inchiesta di Stepankov (e di Falcone) in Italia si è sempre evitato di parlare, e mica perché non ne valesse o non ne valga la pena, ma per non urtare la suscettibilità delle varie Ditte che si sono succedute in Italia dopo il 1992.

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Falcone I conti con la storia.

In controluce. Morto Falcone morì anche l'inchiesta sui fondi russi diretti al Pci C'è un libro che spiega perché. E i Partiti fratelli Non lo vedrete recensito altrove

POLITICA ITALIAOGGI - NUMERO 271   PAG. 8 DEL 14/11/2015 Questa è l'Italia dei misteri, l'Italia dei mafiologi, l'Italia 5 Stelle, dove non c'è complotto che non abbia i suoi cultori

Estratto articolo 14.11.2015 di Diego Gabutti Italiaoggi.it lettura2’

Non è una storia nuova… Non è, intendiamoci, un libro perfetto.. Bigazzi e Stepankov…. Spiegano anche che specie di partiti fossero i partiti fratelli, compreso quello italiano: macchine ideologiche a vapore, le cui caldaie bruciavano denaro, e non sempre per alimentare le campagne politiche…. Morto Falcone, morì anche l'inchiesta sulla scomparsa, via Pci e mafia siciliana, dei fondi segreti dei comunisti russi…. Magari si tratta solo d'una coincidenza. Giovanni Falcone, dopotutto, aveva più nemici dei supereroi dei fumetti, e la mafia aveva già attentato alla sua vita…. Ma il fatto è che dell'inchiesta di Stepankov (e di Falcone) in Italia si è sempre evitato di parlare, e mica perché non ne valesse o non ne valga la pena, ma per non urtare la suscettibilità delle varie Ditte che si sono succedute in Italia dopo il 1992.

Libro di Francesco Bigazzi Il viaggio di Falcone a Mosca. Indagine su un mistero italiano (Mondadori 2015, pp. 352, 20,00 euro, ebook 9,99 euro) non è fatto per piacere agli ex e ai post, che una loro mezza egemonia culturale ancora la esercitano.

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