Baciami stupido La tregua sui dazi di Trump somiglia a quella in Ucraina
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La Casa Bianca annuncia 90 giorni di pausa sulle tariffe, per tutti tranne che per la Cina, dopo avere deriso chi cerca il dialogo,
Francesco Cundari 10 Aprile 2025 linkiesta.it lettura2’
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Non c’è bisogno di essere esperti di arti marziali, basta avere visto un po’ di televisione, per sapere che in un combattimento uno contro dieci c’è una sola possibilità di avere la meglio: scagliarsi sul più grosso e minaccioso del gruppo, colpire il capobranco il più forte e il più rapidamente possibile, sperando così di intimidire gli altri. È evidentemente quello che sta facendo il bullo in chief al vertice della Casa Bianca con la Cina, sospendendo per novanta giorni i dazi contro tutti gli altri paesi (che restano comunque al 10 per cento, anche se i dettagli non sembrano essere chiari nemmeno ai vertici dell’amministrazione americana). Con la non piccola differenza che in questo caso è stato Donald Trump ad avere aggredito praticamente tutto il resto del mondo e a essersi quindi autoaccerchiato.
Sarebbe pertanto un errore fatale, per l’Europa, tirare un sospiro di sollievo e lasciarlo fare indisturbato pensando di averla scampata. Per lo stesso motivo per cui è stato un errore drammatico lasciar fare Putin con la Cecenia, e poi con la Georgia, e poi con la Crimea e il Donbas. Perché una volta che avesse messo a tappeto la Cina, tornerebbe a volgersi verso di noi, imbaldanzito dalla vittoria, con più foga di prima. Ma sarebbe un tragico errore, con ogni evidenza, anche nel caso in cui fosse la Cina a prevalere, contro l’intero occidente o quantomeno nonostante la sua complice indifferenza.
Non c’è bisogno di essere esperti di storia della diplomazia internazionale, basta avere visto che fine hanno fatto la tregua in Medio Oriente o quella, in verità mai neppure cominciata, in Ucraina, per capire quale valore possa avere la tregua annunciata da Trump alla guerra commerciale da egli stesso dichiarata. Peraltro con una formula, la cosiddetta pausa di novanta giorni, che appena ventiquattro ore prima aveva nettamente smentito, assicurando di essere determinato ad andare avanti come un treno.
Ancora ieri sera, aveva condito le sue rassicurazioni con un aneddoto particolarmente significativo, soprattutto per noi italiani, nel giorno in cui tutti i quotidiani aprivano con la data della visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca, faticosamente strappata dopo settimane di intenso lavorio diplomatico: «Questi paesi ci stanno chiamando, mi stanno leccando il culo (kissing my ass), stanno morendo dalla voglia di fare un accordo: “Per favore, per favore, facciamo un accordo! Farò qualunque cosa, qualunque cosa!”».
Ecco i frutti del dialogo, dello speciale rapporto personale instaurato con Trump, del grande lavoro per restaurare il prestigio della nazione a livello internazionale compiuto dalla nostra presidente del Consiglio. Sarebbe fin troppo facile ironizzare sulle tante pompose dichiarazioni di Meloni sull’Italia «a testa alta», e su come si possano conciliare con la descrizione fatta da Trump di certe recenti telefonate. Più importante è tenere conto di quelle parole per capire la psicologia del nostro interlocutore, che certo non ha fatto un passo indietro per buon cuore o per un improvviso ripensamento.
Commenti
Trump cerca già di schiantare il sussulto dei repubblicani al Congresso contro i dazi
Il presidente attacca i membri del suo stesso partito che contestano la sua politica commerciale. Cresce il dissenso interno sulle misure protezionistiche della Casa bianca..estratto Paola Peduzzi ilfoglio.it
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