Fontana, il ciociaro che dovrebbe resuscitare la borghesia spompata

Corriere della Sera. Fontana, intanto, è comunista vero. Nasce nel comparto della gavetta dell’Unità ai tempi, tra i Settanta e gli Ottanta, in cui quello del giornalista comunista era un onesto lavoro politico

di Giuliano Ferrara | 03 Maggio 2015 ore 06:30 Foglio

Luciano Fontana è un giornalista atipico. Evviva. Non che nella sua tipicità peculiare Ferruccio de Bortoli non sia stato professionalmente capace e mite e gentile nel tratto, a parte qualche bizza a significarsi scomodo, ma un tanto di eccentricità rispetto ai profili di carriera tradizionali, che in genere da una generazione nascono all’estrema sinistra anticomunista e maturano nella molle borghesia milanese progressista, magari con intingolo di genuina cultura liberale, è benvenuto, almeno per uno come me.

Fontana, intanto, è di Frosinone. Il ciociaro a via Solferino dopo i semidei siciliani, i romagnoli, i fiorentini di Pian de’ Giullari e i genovesi con piede marino, e altri dell’Italia risorgimentale tutta, bè, il ciociaro, in diretta dallo Stato Pontificio, si fa notare. Temperamento sodo, spontaneità educata ma coriacea, disciplina come dote naturale, e anche autonomia, dovrebbero caratterizzarlo. A guardarlo adesso, seduto di sghembo sul tavolone della sala Albertini, divisa grigio-blu in panno d’ordinanza, il nuovo direttore sembra il ritratto fotografico di un “corrierista” fatto e rifatto. Ma per come lo conosco io, le cose stanno altrimenti.

Fontana, intanto, è comunista vero. Nasce nel comparto della gavetta dell’Unità ai tempi, tra i Settanta e gli Ottanta, in cui quello del giornalista comunista era un onesto lavoro politico, nutrito di spirito professionale e osservante di regole militanti da buon giornalismo schierato e partigiano, di tendenza si dice oggi. Lo incontravo nella sua timidezza, scaltrita dalla vita e da un passo evidentemente più sicuro di quanto sembrasse, a Villa Mirafiori, che all’inizio degli Ottanta era la sede della facoltà di Filosofia dell’Università di Roma, un edificio savoiardo infiorato di giardini e biblioteche e aule sulla via Nomentana. Un tipo così, studente-lavoratore dell’umile Italia preappenninica,  non deve sentire complessi di sorta rispetto alla concorrenza mondana del gruppo De Benedetti, il che è già di per sé una virtù visto il bisogno di conflittualità civile e di editori e giornali non convergenti e non tutti immersi nello stesso mainstream (oltre a lui studiava in quel compound all’epoca il bel talento di Lucio Caracciolo, che proprio a quel tempo si metteva in proprio e si evitava una carriera giornalistica all’ombra di Scalfari, coltivando la passione per la politica estera e di sicurezza, esercitata da scholar con la sua impresa di Limes).

Fontana, intanto, è una mezza incognita. Arriva, è vero, con lo stigma della soluzione per linee interne e della continuità, il che può essere stato un punto di forza nella designazione unanime da parte dell’organo amministrativo dell’ex patto di sindacato. Ma la sua identità culturale e civile non è immediatamente riducibile, anche per alcune delle notazioni esposte sopra, al profilo banale del burocrate adatto alla dirigenza giornalistica genericamente flottante tra banche, gruppi finanziari, grandi industrie eccetera. Staremo a vedere. Ho avuto il piacere di parlargli non più di due o tre volte negli ultimi venti, trent’anni, a proposito di notizie che erano nell’aria e chiedevano di essere rapidamente verificate. Ho amici che lo conoscono e lo stimano. Spero sia uno che intenda fare del Corriere una cosa che è quella che è e insieme diversa da quella che è sempre stata, salvo la famosa eccezione radical-chic e corsara della stagione di Piero Ottone e Pier Paolo Pasolini, insomma un giornale un po’ più agile, coraggioso nelle opinioni editoriali, sempre forte nelle notizie, non ipocritamente scomodo né comodo, non piattamente laicista e scientista, un giornale che cerca l’anima borghese di Milano e dell’Italia scomparsa nei flutti della nostra insignificanza, magari per renderla un poco più grande e complessa, una volta resuscitata.

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