Lettere al Direttore Il Foglio 19.5.2015

I pacifisti scomparsi, i due problemi della campagna del Pd

1-Al direttore - Sono un “renziano riluttante”, ma devo riconoscere che sulla questione delle pensioni il premier si sta

muovendo con coraggio e intelligenza. Sulla favola dei “diritti acquisiti” e sulle incongruenze della sentenza della Consulta ha scritto ieri un articolo esemplare Alessandro Penati (la Repubblica). Aggiungo che fra le istituzioni del welfare la pensione non può essere considerata, diversamente da quanto afferma il dominante sciocchezzaio nazionale, un diritto di cittadinanza. In effetti, si tratta di risparmio forzoso. Più che un “diritto alla pensione”, il legislatore stabilisce il dovere di essere previdenti per procurarsi i mezzi di sostentamento per la vecchiaia. In linea di principio, la decisione relativa alla ripartizione del reddito personale tra consumi e risparmio spetterebbe alla responsabilità di ciascun individuo. Ma poiché l’esperienza mostra che questa può essere difettosa, il cittadino viene costretto a premunirsi di fronte ai bisogni e ai rischi che si presentano nel corso dell’esistenza, anche per evitare che i costi della sua eventuale imprevidenza si scarichino sulla collettività. Il caso delle pensioni è il più evidente, ma non è l’unico: lo stato rende obbligatoria anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per i sinistri automobilistici. A chi ha la memoria corta, infine, ricordo che nel 1992 venne abolita la scala mobile (indicizzazione della busta paga all’inflazione) per tutti i lavoratori dipendenti, nessuno escluso. Allora la Corte costituzionale non intervenne per ripristinare il potere d’acquisto delle retribuzioni, in particolare di quelle più basse, colpito dal provvedimento del governo Amato. Evidentemente allora giudicò il “diritto al salario corrente” meno meritevole di protezione del “diritto al salario differito”. Misteri del Belpaese.

Michele Magno

2-Al direttore - Interessante l’articolo di Lanfranco Pace su Gentile, l’autore della riforma della scuola del 1923. La migliore applicazione del suo pensiero filosofico fu fatto alla pedagogia. L’educazione secondo Gentile deve essere unitaria e investire tutta la personalità dell’uomo. Soltanto la viva personalità del maestro, dice Gentile, può educare, ossia creare quella scuola che è umanità e vita, formatrice di spiritualità vive e operanti.

Riccardo Poletti

3-Al direttore - Domanda secca: ma Lei mi sa dire dove sono finite le bandiere arcobaleno dei pacifisti che adornavano i balconi e le terrazze? Per caso Le risulta, a me sinceramente no, che sia finalmente scoppiata la pace nel mondo?

Enzo Bernasconi

Un tempo, come ha raccontato bene ieri Angelo Panebianco sul Corriere, era facile capire da che parte stare pensando ai conflitti in medio oriente. Si stava o contro l’America o a favore dell’America. Oggi le cose sono più complesse. E di fronte alla complessità il simpatico e folkoristico cialtronismo pacifista non può che sciogliersi come neve al sole.

4-Al direttore - A destra nel campo moderato queste elezioni regionali stanno stancando e annoiando l’elettorato, nel senso che prima facie presentano già un vincitore che è il Partito democratico e praticamente si deve solo misurare l’entità della vittoria nel senso se riuscirà a prendersi tutte le regioni, oppure lascia il Veneto in mano al centrodestra a guida leghista, nelle altre regioni di fatto non c’è storia in quanto la partita è in mano a Renzi che può solo fare autogol in regioni dove ha già la vittoria in tasca. Se Renzi e il suo partito dovessero perdere per aver pasticciato in maniera meschina in due regioni si inizierebbe a dubitare della capacità di questo leader che aspira a governare per i prossimi dieci quindici anni di essere in grado di poterlo fare in maniera diversa da Berlusconi che fu bloccato nelle riforme dai suoi alleati. Seppure Renzi controlla il partito a Roma meno sembra farlo in provincia dove i capobastone locali sembrano comandare e Renzi è abbastanza cauto e timoroso di questi ras territoriali.

Carlo De Rosa

La campagna elettorale delle regioni ci dice due cose sul Pd. La prima è che Renzi non potrà governare a lungo senza costruire attorno a sé una robusta base sociale e alla lunga a forza di governare a colpi di spallate si possono sfondare molte porte ma ci si può fare molto male. La seconda è che nel Pd la vera scissione è tra il Partito della nazione e il Partito della regione. E per osservare la divisione tra questi partiti sarà utile controllare con attenzione dopo le regionali quanti voti prenderanno i candidati appoggiati dal Pd e quanti invece le liste del Pd. E in alcuni casi, come in Liguria e come in Campania, le differenze rischiano di essere drammaticamente abissali.

Categoria Italia

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