Il nemico del governo Renzi si nasconde nelle procure

Il futuro del governo Renzi, la sua stabilità, la sua capacità di vivere e non di vivacchiare, è legato, come si sa, all’economia, alla crescita del paese, ai risultati,

di Claudio Cerasa | 21 Giugno 2015 ore 12:00

Il futuro del governo Renzi, la sua stabilità, la sua capacità di vivere e non di vivacchiare, è legato, come si sa, all’economia, alla crescita del paese, ai risultati, alle performance, al calo della disoccupazione, alla ripartenza dei consumi, all’aumento del Pil, al taglio della spesa pubblica, alla diminuzione delle tasse, a una riforma cazzuta della pubblica amministrazione, e tutto questo lo sappiamo. Quello che forse invece si ignora e che si fa finta di non considerare centrale nella vita del renzismo è che, leggendo bene tra i segnali che arrivano dall’interno e dall’esterno del Parlamento, il più grande nemico di Matteo Renzi oggi non è la minoranza del Pd o la minoranza battagliera di Forza Italia o la leadership primitiva di Matteo Salvini o la leadership rigurgitina di Beppe Grillo ma è un nemico invisibile che da vent’anni decide spesso le sorti dei governi: la magistratura.

Nulla fa pensare che per Matteo Renzi ci possa essere un destino simile a quello che toccò a Silvio Berlusconi nel 1994, quando un avviso di garanzia inviato nel momento giusto e al posto giusto fece crollare il primo governo del Cav., ma molto invece fa pensare che giorno dopo giorno, forse involontariamente, il segretario del Pd stia mettendo lui stesso il destino del governo nelle mani delle procure e del carrozzone del circo mediatico giudiziario. E’ una questione di confini, di perimetri, di frontiere che una volta superate rappresentano spesso un punto di non ritorno e di metodi che un giorno vengono utilizzati per gli altri e che un giorno però potrebbero essere utilizzati contro di te. E bisogna farci i conti.

Il destino del governo Renzi, da questo punto di vista, è legato a una formula che dovrebbe essere del tutto estranea a un garantista a 24 carati come si autodefinisce Renzi e questa formula negli ultimi tempi, prima con il caso Maurizio Lupi e ora con il caso Ignazio Marino, sta diventando invece, giorno dopo giorno, sempre più patrimonio comune anche del Pd: la questione di opportunità. Il presidente del Consiglio ha sfidato spesso, anche simbolicamente, i mozzorecchi assetati di sangue giustizialista, scegliendo per esempio di considerare quasi sempre (quasi, vero Orsoni?) un indagato o un imputato innocente fino a sentenza definitiva (e il fatto che nel governo i ministri indagati siano considerati non colpevoli fino a prova contraria è un principio di civiltà) e scegliendo, per fare un altro esempio, di dare il via libera all’approvazione della legge sulla responsabilità civile (legge simbolica, ma i simboli contano). Basta tutto questo per tracciare un confine netto tra il governo e il circo mediatico giudiziario? Non basta.

Dal giorno successivo alla decisione di voler mollare Maurizio Lupi, in seguito a un mascariamento subito a mezzo stampa dall’ex ministro delle Infrastrutture, Renzi è entrato in un vortice pericoloso. E di fronte a ogni schizzo di fango generato dalle inchieste giudiziarie si ritrova spesso a dare la stessa risposta a una domanda importante: possiamo permetterci di difender tizio che non è indagato ma è stato “sfiorato” ed è in qualche modo “coinvolto” da una certa inchiesta? Il lato grillino del Pd renziano ha scelto di rispondere no, non è possibile, non possiamo permettercelo, daremo troppo spazio al Movimento 5 Stelle, ai grillini, alle gazzette delle procure. E così, dopo Lupi, sarà anche la volta di Ignazio Marino, che Renzi ha scelto di sacrificare e di commissariare prima che siano le stesse procure a commissariare mediaticamente il governo. Senso del ragionamento: possiamo permetterci di difendere il sindaco di una città i cui consiglieri comunali sono indagati nell’ambito di un’inchiesta che si chiama Mafia Capitale? Possiamo permetterci di vedere ancora a lungo la parola “Pd” accanto alla parola “mafia”? Possiamo permetterci un domani di essere costretti a commissariare per mafia il comune quando oggi possiamo essere noi ad anticipare tutti e a commissariare politicamente Marino? No, sennò poi – risposta di rito – sai come cresce Grillo.

La “questione di opportunità”, si sa, è una condizione che ti obbliga a camminare sul terreno della politica nelle stesse condizioni in cui gli elefanti passeggiano in mezzo ai negozi di cristalli. Ma seguendo questo spartito è evidente che bisogna tenere conto delle conseguenze: il ragionamento che oggi viene utilizzato per altri un domani potrebbe essere utilizzato contro di te. Non auguriamo certo a qualcuno del cerchio magico di Renzi di ritrovarsi in queste condizioni ma se un giorno una procura birichina dovesse prendere di mira un simbolo del renzismo con le stesse modalità con cui la procura di Trani ha preso di mira un senatore di Ncd riuscirebbe Renzi a non essere travolto dalla “questione di opportunità”?

Il solo fatto che il Pd oggi, inseguito dalle dentiere grilline, non si ponga neanche il dubbio di leggere bene le carte prima di mandare in galera Azzollini ci fa pensare che Renzi rischia di essere ostaggio delle procure più di quanto si possa credere. E qualcuno, da qualche parte, potrebbe approfittarsene.

Auguri. E occhio.

Categoria Italia

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