OCCIDENTE E GALASSIA ISLAMICA: SCONTRO O CONFRONTO?

La dichiarazione italiana, come si è visto, è anche una manifestazione di solidarietà transatlantica, ammesso e non concesso che l’impegno italiano non sia un gesto isolato.

di Ferdinando Sanfelice di Monteforte11 gennaio 2016, pubblicato in Enduring freedom,

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Il coinvolgimento dell’Italia

La dichiarazione italiana, come si è visto, è anche una manifestazione di solidarietà transatlantica, ammesso e non concesso che l’impegno italiano non sia un gesto isolato.

Una conferma in tal senso si avrebbe solo se altri Paesi occidentali prendessero analoghi impegni.

Bisogna però ricordare che, almeno formalmente, l’impegno italiano nasce come azione indipendente, per cui non è chiaro chi potrebbe appoggiare e sostenere i nostri militari, in caso di problemi.

Per questo, noi, come chiunque prenda parte a tal genere di interventi, intesi a moderare le atrocità del conflitto, dovremo, in ogni caso, prendere alcune precauzioni. Anzitutto, bisogna essere consapevoli di essere soli.

Le forze dislocate sul terreno devono quindi disporre, come i passeggeri di un aereo di linea, di un salvagente, dato che, in caso di necessità, non si potrà contare su un aiuto altrui.

Questo salvagente consiste nelle cosiddette “Forze di Sostegno”, le cui capacità e la cui prontezza d’intervento devono essere tali da risolvere i problemi del contingente dislocato lontano dalla Patria, in caso di difficoltà.

Nella nostra storia, l’Italia non ha mostrato sempre attenzione sufficiente nel prendere questa precauzione indispensabile, contando talvolta sul fatto che “tanto non succederà niente”.

La strage di Dogali, oltre un secolo fa, e la sfortunata saga di Giarabub, durante la Seconda Guerra Mondiale, due esempi di impiego di forze in aree troppo lontane per consentire il loro sostegno, dovrebbero averci aperto gli occhi.

Purtroppo, anche recentemente, in altra missione nazionale, abbiamo dimostrato di non aver ancora capito questa lezione del passato, facendo andare in giro, per tutto l’Oceano Indiano, pattuglie armate di Fucilieri di Marina sui nostri mercantili senza che vi fosse alcuna forza di sostegno nei (peraltro pochi) punti caldi di tale oceano.

Nel caso di un nostro presidio della diga di Mosul, non si tratta, quindi, solo di inviare 450 militari come in una normale operazione di pace, ma questi dovranno essere armati fino ai denti e, soprattutto, ad essi si dovranno aggiungere forze pesanti, in tutte e tre le dimensioni operative, in grado di intervenire in modo decisivo, in caso di problemi.

E di problemi ce ne saranno, visto che nessuno, né tra le fazioni in lotta né tantomeno tra i nostri Alleati storici, potrebbe comportarsi da vero amico, specie al momento del bisogno. Ma l’Europa, e l’Italia in particolare, non posseggono forze sufficienti. Come diceva anni fa Emma Bonino “l’Europa rischia di essere un gigante economico, un nano politico e un verme militare” (Vds. Repubblica, 23 gennaio 1999).

Se l’Europa – e soprattutto l’Italia – non si doteranno di capacità militari atte a influire sugli eventi almeno nelle zone a lei più vicine, non potrà far altro che subire quanto accade, senza nemmeno avere il diritto di lamentarsi.

Però, una volta sconfitto l’ISIS, la pace sarà possibile solo quando le parti in causa, sia i centri di potere sunniti, sia il governo di Teheran, capiranno che la via intrapresa del conflitto senza limiti è destinata a crear loro, nel medio termine, un impoverimento e un indebolimento dai quali impiegheranno decenni per risollevarsi.

In questo fervore di odio verso l’ISIS, l’Italia, a parte la decisione di presidiare la diga di Mosul, deve ricordarsi che ha un ruolo da svolgere. Il nostro Paese ha sempre tenuto un comportamento rispettoso verso la “Galassia Islamica” e ha sempre curato i contatti con ambedue i campi, e può quindi svolgere un ruolo prezioso, nel portare a un tavolo negoziale le parti in causa.

Per questo l’Italia partecipa alla coalizione anti-ISIS solo con ricognitori e rifornitori aerei e – al di là della disponibilità a presidiare la diga di Mosul – ha sempre respinto le pressioni che ci volevano tra coloro che bombardavano l’ISIS.

Giova sottolineare che la Germania, anch’essa storicamente vicina alla “Galassia Islamica” ci ha seguiti, dopo l’attentato di Parigi, prendendo lo stesso tipo di decisioni. Questo atteggiamento prudente ci ha finora risparmiato, ma forse non ci risparmierà in futuro, attentati cruenti, anche se l’ISIS ha abbondato, nei nostri confronti, in minacce sia pure solo verbali, che a ben guardare ci vengono rivolte in quanto a Roma siede il centro della cristianità, la Santa Sede.

Il più delle volte, infatti, tali minacce hanno solo finalità propagandistiche e citano Roma in quanto capitale del Sacro Romano Impero e non dell’attuale Italia, la cui conquista territoriale non sarebbe contemplata nelle mire dell’ISIS, che vorrebbe riconquistare “solo” i territori che in passato sono stati sotto il dominio islamico e nelle cartine non contempla l’Italia (in Europa solo incluse la Penisola Iberica e i Balcani).

Bisogna comunque ricordare, nel fornire la nostra disponibilità a missioni a rischio crescente, che le nostre capacità militari sono a un livello talmente basso, da indurre alcuni commentatori a criticare la recente dichiarazione del governo, a proposito della diga. Oltre alla sicurezza, per poter influire sugli eventi nel Levante, si deve quindi disporre di una forza di proiezione credibile, in termini di capacità. Anche questa è una forma di difesa, perché l’estremismo islamico dilagante può mettere in pericolo la nostra stessa sopravvivenza.

Foto; Difesa.it, US DoD, UK MoD, Bundeswehr, Stato Islamico, Ministero Difesa Iracheno, KTCC, AFP, Reuters, AP, Getty Images

Argomenti: Coalizione | Isis | Italia | jihad | Russia | Stato Islamico | terrorismo |

Ferdinando Sanfelice di Monteforte

FERDINANDO SANFELICE DI MONTEFORTE

Ammiraglio di Squadra, è attualmente docente di Storia delle Istituzioni Militari presso l'Università Cattolica di Milano e di Strategia presso l'Università di Trieste – Polo di Gorizia. E' stato Rappresentante Militare per l'Italia presso i Comitati Militari NATO e UE e Comandante dell'operazione navale della NATO Active Endeavour. Autore di numerosi libri e saggi di argomento strategico e militare, pubblicati su riviste italiane, francesi e americane, è membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Storia Militare, dell'Académie de Marine di Francia e della Giuria del Prix Davéluy.

Categoria Italia

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