Piacere, sono un’intercettazione, trasformo in oro la melma e vi svelo il segreto del mio successo

Vi starete chiedendo, forse, come abbia fatto un semplice nastro sbobinato a diventare un così potente strumento di seduzione di massa e anche se non so rispondere con esattezza a questa domanda posso dirvi quali sono le ragioni del mio sex-appeal

di Claudio Cerasa | 11 Aprile 2016 ore 08:09 Foglio

Piacere, mi presento, anche se immagino che mi conoscerete già. Il mio nome è “intercettazione”, sono una tipetta che piace molto, ho le mie qualità, il mio fascino, le mie forme irresistibili, non a caso finisco quasi ogni giorno sui giornali, e oggi ho deciso di raccontarvi come passo le mie giornate e cosa faccio durante la mia vita. Vi starete chiedendo, forse, come abbia fatto un semplice nastro sbobinato a diventare un così potente strumento di seduzione di massa e anche se non so rispondere con esattezza a questa domanda posso dirvi quali sono le ragioni del mio sex-appeal che mi hanno fatta diventare la migliore compagna di viaggio di magistrati e giornalisti. Come è potuto succedere?

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Breve rewind. In un tempo molto remoto, ricorderete, i magistrati, per condannare qualcuno, o anche semplicemente per indagarlo, avevano bisogno di prove concrete, di indizi circostanziati, di pistole fumanti. Oggi, invece, per organizzare un’indagine, e a volte anche per sbattere qualcuno in galera, posso bastare anche solo io – sono forte, no? – grazie a un meccanismo incredibile che non giudico (a me piace) ma che funziona così: si apre un’indagine, si fanno intercettazioni su intercettazioni, si pesca dalle intercettazioni non solo ciò che può costituire un indizio chiaro per provare un reato ma anche ciò che possa garantire a quell’indagine una generosa e gloriosa copertura mediatica, poi si miscela tutto insieme e, grazie a me, prende forma un processo speciale (il processo mediatico) che crea consenso attorno a un’indagine e che permette ai magistrati che portano avanti quell’indagine di trasformare i propri sospetti in definitive condanne mediatiche. Un capolavoro, grazie, lo so.

Lo stesso discorso vale per i miei amici giornalisti. Breve rewind. Un tempo, vi ricordate?, si scrivevano articoli i cui contenuti venivano elaborati e persino ricercati personalmente dagli stessi giornalisti. Si facevano inchieste sul campo. Si parlava con molte persone. Si cercavano notizie. Si intervistava qualcuno, persino. Oggi, invece, quando si parla di giustizia, o di temi legati alla giustizia, qualsiasi cosa significhi oggi temi legati alla giustizia, si scrivono articoli i cui contenuti non sono altro che la trasposizione o la semplice rielaborazione di alcune intercettazioni: ve lo posso garantire per esperienza personale! Per i giornalisti, poi, la pacchia è pressoché totale. Non solo perché io, intercettazione, sono sempre concepita in modo tale da poter dare al cronista la possibilità di fare un bel titolo sull’inchiesta, ma anche perché tutto quello che finisce intercettato per il semplice fatto di essere stato trascritto e depositato in un atto diventa una notizia vera, a prescindere dal fatto che abbia o no rilievo penale (il rilievo penale, come direbbe il mio caro amico Marco Travaglio, è solo un gargarismo come il garantismo). Diventa qualcosa che, in modo incontestabile, è successo davvero. Come il testo di un Vangelo. Come il passaggio di un libro sacro. La pacchia dei miei amici giornalisti poi è doppia, perché spesso noi intercettazioni diamo ai cronisti la possibilità di realizzare un’operazione magica, miracolosa, roba da Padre Pio: trasformare, miracolosamente, le illazioni in verità, dando così ai giornalisti la possibilità di spacciare, a tutta pagina, il chiacchiericcio per uno scoop.

Ultimamente devo dire che il mio potere taumaturgico inizia a impressionare anche me e mai avrei pensato di vedere quello che ho visto negli ultimi anni. In principio l’intercettazione funzionava così: serviva a incastrare un indagato. Successivamente l’intercettazione ha fatto un passaggio in avanti e ha cominciato a incastrare, a sputtanare, chiunque parlasse con un indagato senza essere indagato. Oggi siamo arrivati a uno stadio grandioso, sublime: l’intercettazione, essendo un testo sacro, una sacra scrittura, una sacra sbobinatura, condanna, moralmente, non solo un indagato o una persona che parla con un indagato, ma anche una persona che viene citata in un’intercettazione da una persona non indagata che parla con una persona indagata. Mica male, no? Potrei continuare a lungo a parlarvi di me e a raccontarvi alcuni segreti del mio successo. Potrei spiegarvi perché è stato grazie a me che alcuni giornalisti sono diventati famosi. Potrei raccontarvi che è grazie all’uso che hanno fatto di me alcuni magistrati che sono riusciti a diventare sindaci di alcune città. Potrei raccontarvi, vostro onore lo confesso, che spesso mi ritrovo nelle caselle di posta elettronica di alcuni giornalisti prima ancora di essere nella busta delle lettere di alcuni indagati. Potrei raccontarvi, infine, come ci siano fior fior di magistrati che hanno costruito delle carriere sfruttando il consenso mediatico che hanno generato abusando del fascino di noi intercettazioni.

Potrei andare avanti per ore ma per svelarvi del tutto il segreto del mio successo vi basti questo. Se un tempo gli alchimisti trasformavano tutti i metalli in oro, oggi ci siamo noi intercettazioni che abbiamo la capacità di trasformare in un fatto ciò che un fatto non è. Con noi i peccati diventano reati. Con noi le illazioni diventano verità. Con noi la melma diventa oro. Siamo gli alchimisti del fango, e finché non ci metterete un bavaglino non ci potete fare niente, e continuerete a fare i conti ogni giorno con la nostra grande abilità: far diventare oro tutta la melma che gira.

Categoria Italia

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