Il Veneto perde 150 aziende agricole strutturate all’anno. Cia: “La politica rimetta al centro il primario”

Secondo gli ultimi dati diramati dall’Osservatorio agricolo dell’Inps, erano 31.512 nel 2021, si sono ridotte a 31.365 l’anno scorso. Erano 31.984 (in tre anni, quindi, 472 attività hanno chiuso i battenti).

31.12.2023 REDAZIONE QDPNEWS.IT lettura2’

Sotto l’albero il comparto del primario veneto ha trovato 147 imprese agricole professionali in meno. Secondo gli ultimi dati diramati dall’Osservatorio agricolo dell’Inps, erano 31.512 nel 2021, si sono ridotte a 31.365 l’anno scorso.

“Si tratta di aziende agricole strutturate, con dipendenti contrattualizzati, e non a conduzione familiare – sottolinea Cia Veneto – Motivo per cui questo trend risulta particolarmente significativo e preoccupante“. A maggior ragione se consideriamo che nel periodo pre Covid (2019) le aziende agricole venete erano 31.984 (in tre anni, quindi, 472 attività hanno chiuso i battenti).

L’altra faccia della medaglia è un incremento della produzione lorda agricola veneta: si attestava a 6,4 miliardi nel 2021, è stata di 7,7 miliardi nel 2022 (+18,4%). Aumentano pure i giovani in agricoltura: oggi, in Veneto, sono 2.509 le imprese agricole professionali condotte da under 40 (l’8% del totale), con un ritmo che mostra una crescita costante: +2% all’anno.

“E questo grazie alle misure del Primo insediamento in agricoltura riconducibili al Piano di sviluppo rurale – spiega il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini –. Nello specifico, prevedono dei contributi ad hoc senza i quali un giovane non avrebbe né la forza, né la capacità di aprire un’attività agricola. Le idee, da sole, non bastano”.

Nella nostra Regione funziona, dunque, il ricambio generazionale: “L’agroalimentare ha delle potenzialità enormi, pure in termini di innovazione tecnologica: le ragazze e i ragazzi si stanno dimostrando all’altezza, sono lungimiranti, hanno una visione”. Le aziende agricole che “resistono” lo fanno specializzandosi di continuo, come precisa lo stesso Passarini: “Non è più sufficiente possedere degli appezzamenti agricoli a seminativo, come accadeva una volta, per dirsi agricoltore. Serve, invece, una formazione continua. Solo chi riesce a reinventarsi rimane sul mercato ed è nelle condizioni di portare a casa dei margini”.

Che, in realtà, restano estremamente esigui. Appena il 10%, massimo il 15%, del valore del prezzo finale del prodotto che si trova sugli scaffali dei supermercati (ultimo report Cia Veneto). “Lungo la filiera – chiarisce il presidente di Cia Veneto – vi sono dei rincari difficili da intercettare”.

Il 2024 sarà l’anno delle grandi sfide, nel nome di una sostenibilità sia economica che ambientale. “Alla politica – conclude – continueremo a chiedere adeguati interventi per un’equa remunerazione dei prodotti. O le Istituzioni decidono di rimettere al centro il primario, o non potremo più fermare l’emorragia delle imprese agricole”.

(Foto: Qdpnews.it).

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