Il doppio messaggio di Ruini al Papa

Il rischio di “mettere in difficoltà le coscienze delle pecore fedeli”

di Redazione | 23 Settembre 2016 ore 06:15

E’ alla fine della lunga intervista concessa ieri al Corriere della Sera sull’Aldilà per il lancio del suo libro (“C’è un dopo? La morte e la speranza”, Mondadori) che il cardinale Camillo Ruini sfodera la frase che mette in risalto l’interrogativo che tanto ha fatto scrivere e meditare sul pontificato corrente: “Prego il Signore perché l’indispensabile ricerca delle pecore smarrite non metta in difficoltà le coscienze delle pecore fedeli”.

Si tratta sì d’un auspicio affinché i gesti e le parole di Francesco (comprese quelle a braccio sul terrorismo che sarebbe nulla a confronto della guerra o sui battezzati che ammazzano le suocere e quindi non sono troppo diversi dagli sgozzatori di preti sull’altare) non vengano fraintesi, diventando oggetto di dispute più o meno alte che mettano la sordina ai propositi giusti e meritori di ridare vigore a un cristianesimo in occidente sempre più apatico.

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Le parole di Ruini valgono però anche come constatazione che attorno alla rivoluzione quotidiana innescata dal vescovo di Roma preso quasi alla fine del mondo – sempre più disponibile a entrare in dialogo con il mondo non cattolico e assai propenso a richiamare i cattolici con toni non sempre improntati alla paterna dolcezza – c’è un disagio che non coinvolge solo editorialisti da salotto o cosiddetti tradizionalisti nostalgici, ma anche tanti cattolici che pure non tengono sul comodino la Summa Theologiae di Tommaso. La chiosa ruiniana è l’indizio d’un disorientamento che serpeggia, ovattato, nella gerarchia episcopale italiana, che Ruini conosce bene anche ora che è stata innestata di forze fresche più vicine al nuovo corso improntato alla ricerca di pastori con l’odore delle pecore.

Categoria Religione

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