Il presidente della Baviera vuole il crocefisso negli uffici pubblici mentre il cardinale di Monaco è contrario

Ha anche accusato Söder di avere fatto una operazione politica, in previsione delle elezioni regionali,

di Gianfranco Morra, 19.6.2018 www.italiaoggi.it

Il presidente della Baviera, Markus Söder, ha stabilito che tutti gli uffici pubblici del suo Land esporranno all'ingresso il crocifisso «per rimarcare l'identità bavarese e i suoi valori cristiani». Leader dell'Unione cristiano-sociale, Söder si è sempre opposto alla politica buonista della Merkel con gli islamici. Egli è preoccupato che la sua regione possa perdere la propria tradizione cristiana, proprio mentre viene difesa a oltranza dal partito concorrente, «Alternativa per la Germania», che ha eroso non pochi voti del suo. Le leggi tedesche lasciano alle regioni la decisione in merito e il presidente l'ha giustificata in quanto la croce non è solo un simbolo religioso, ma anche storico e sociale, nel senso che la Baviera, nei costumi e nei comportamenti, è permeata di cristianesimo. Essa è infatti la regione dove l'appartenenza al cattolicesimo o all'evangelismo è la più alta di tutta la Germania.

È una verità di sempre: ogni religione è in primo luogo uno strumento di salvezza, che permea di sé la morale sociale di un popolo. Basterebbe pensare all'islamismo, i suoi simboli religiosi sono dovunque. La civiltà cristiana, invece, è ormai post religiosa e vi prevale l'idea che, per non offendere nessuna religione, bisogna nasconderle tutte. Lo vediamo anche da noi: non più simboli di appartenenza religiosa, le feste, i canti e il presepio sono esclusi dagli ambiti pubblici e confinati nel privato.

Ma la situazione in Baviera si è fatta paradossale, in quanto l'oppositore più deciso di questa Kreuzpflicht è stato il cardinale e arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx. Il quale ha detto che il crocifisso non è un simbolo laico o statale, ma religioso e non ha niente a che fare con gli uffici. Ha anche accusato Söder di avere fatto una operazione politica, in previsione delle elezioni regionali, che si terranno in ottobre. Marx è un arcivescovo progressista, aperto e dialogico, in forte sintonia con papa Bergoglio. «Abbiamo bisogno», ha detto, «di una pastorale omosex, che la Chiesa benedica le coppie omosessuali». I tradizionalisti lo chiamano «rinnegato». Il 5 maggio ha commemorato il centenario della nascita del suo omonimo con espressioni di riconoscenza: «Ci ha insegnato che occorre mettere fine al capitalismo; senza di lui non sarebbe nata la dottrina sociale cristiana; noi siamo tutti sulle spalle di Karl Marx».

Per fortuna non tutti i vescovi tedeschi la pensano così. Come quello di Ratisbona, Rudolf Voderholzer: «La croce è il compendio della cultura cristiana. Appartiene alle fondamenta dell'Europa». Lo ha riaffermato un politico laico, mentre un cardinale in crisi di identità, che cerca di sopravvivere divenendo una variabile dipendente della attuale società post cristiana, lo ha scomunicato. Questa reintroduzione delle croci negli uffici pubblici va collegata a qualcosa di più forte che sta esplodendo. La Baviera ha avuto sempre come Presidente un cristiano-sociale. Per dieci anni lo ha fatto Horst Seehofer, che ora è ministro federale degli interni. Suo successore è appunto Söder. Ora le elezioni del 2017 hanno penalizzato il loro partito, i voti della Csu sono scesi dal 38 al 29 %.

A tutto vantaggio del partito populista di destra «Alternativa per la Germania». I bavaresi ne incolpano la Merkel, soprattutto per la sua politica buonista verso i migranti: «non deve più accadere il disastro del 2015, quando in Germania entrarono un milione di profughi». La Merkel, conformemente al suo stile compromissorio, ha risposto cercando di rimandare il problema, ripetendo il mantra che «si tratta di una sfida europea che può avere solo una risposta europea».

Che deve ancora venire. Il suo progetto di accogliere e utilizzare i profughi per l'economia tedesca non viene più creduto. E la paura dei migranti è in continua crescita. Negli ultimi tempi in tutta la Germania il clima si è fatto molto teso, anche perché pochi giorni fa a Magonza è stata violentata e uccisa da un profugo iracheno una ragazza ebrea di 14 anni.

Occorre, dicono molti tedeschi, fare qualcosa per frenare l'invasione islamica. E in tal senso Seehofer ha presentato un «master plan» in 63 punti, che la Merkel non ha ancora ammesso alla discussione. Egli propone di potenziare la espulsione dei profughi e di fermare alle frontiere i migranti irregolari, anche quelli che chiedono solo un passaggio verso altre nazioni. Seehofer ha trovato l'appoggio del cancelliere austriaco Kurz e del nostro Salvini. Tanto che si è parlato di un asse Berlino-Vienna-Roma. Ora la Csu bavarese è un partito di media grandezza, ha in parlamento 46 deputati, che tuttavia sono necessari per avere la maggioranza. Una crisi della Grossa Coalizione non può essere del tutto escluso, anche perché gli alleati socialdemocratici non potrebbero accettare il progetto sovranista di Seehofer. Tempi davvero difficili per la Kanzlerin.

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