Lettere al Direttore Foglio 11.6.2016

Gulp a Milano! L’errore blu di Sala che arruola Gherardo Colombo. E il classico schema della sinistra tradizionale: come faccio a conquistare il partito dell’onestà-onestà-onestà? Semplice: gli do in pasto un magistrato

1-Al direttore - L’Unità: “Sala incassa la collaborazione di Gherardo Colombo”. Ecco, starei attento ai verbi.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - Sala, se non ho letto male, ha detto che in caso di vittoria sarà Gherardo Colombo, ex pm del pool di Mani Pulite, a guidare il “Comitato per legalità e trasparenza” del comune di Milano. Non sarà mica che il vero renziano a Milano si chiama Stefano Parisi?

Luca Marinei

E il classico schema della sinistra tradizionale: come faccio a conquistare il partito dell’onestà-onestà-onestà? Semplice: gli do in pasto un magistrato e oplà ecco qui che io divento il simbolo della legalità. Sala, in questo caso, ha deciso di sacrificare un pezzo di renzismo con un pezzo di grillismo e ha fatto il contrario di quello che sarebbe stato lecito aspettarsi da chi vuole imporre un nuovo modello di centrosinistra: si è preoccupato non di conquistare fino in fondo, come ha fatto bene finora, gli elettori moderati, ma si è preoccupato di mostrarsi credibile rispetto ai figli del dipietrismo. Sarà contento Francesco Greco, sarà contento Piercamillo Davigo, sarà contento Marco Travaglio. Noi no. Con Mani Pulite non si scherza. Errore blu. E un po’ di buio in sala.

3-Al direttore - Dalla cosa rossa alla scheda bianca: il tafazzismo, malattia infantile del fassinismo.

Michele Magno

4-Al direttore - Facendo qui astrazione dai giudizi sul vertice della Consob, è assolutamente singolare che si continui a parlare della vicenda della non imposizione degli scenari probabilistici di rendimento dei titoli offerti, nella specie, dalle note quattro banche, ma non un rigo venga scritto o una parola venga detta sull’affidabilità di tali scenari, rimessi all’autonomia di ciascun emittente.  Pur trattandosi di “probabilità”, siamo proprio sicuri del loro valore scientifico e della corretta applicazione? O si sta scatenando una polemica che presuppone, indimostrata, una tale affidabilità, con il rischio di imbattersi in prospetti, come alcuni proprio della Popolare di Vicenza e un altro di una piccola banca locale, che sconfessano platealmente le previsioni formulate? Si sta discutendo, allora, su di un terreno solido o sulla sabbia, partendo, però, da un “postulato”.  Non è da qui che occorrerebbe partire? Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

5-Al direttore - Ad ampliamento di quanto scritto da Luca Del Pozzo (mercoledì  8 c.m.)  il termine “genocidio” compare per la prima volta durante la rivoluzione francese a firma di Gracco Babeuf,  ardente rivoluzionario nonché pensatore protocomunista, che con il termine “Peuplicide” denunciò, in tempo reale, gli avvenimenti della Vandea di fronte al Comitato di Salute Pubblica della Rivoluzione: chiamò “Peuplicide” quegli eventi  bestiali sui quale scrisse un pamphlet semisconosciuto che il grande storico Chaunu ed il suo allievo Secher hanno riportato in vita nel silenzio e nella ostilità della cultura francese ed europea.

Serafino Penazzi

6-Al direttore - Se si vuole seguire la logica del non voler nascondere la realtà di fronte ai nostri occhi bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Genocidio è l’espressione giusta per inquadrare la mattanza alla quale sono sottoposti i cristiani in medio oriente e bene ha fatto ieri il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, a ribadire che qeusta è l’espressione giusta da utilizzare per denunciare la violenza alla quale sono sottoposti i cristiani – “uccisi, minacciati, ridotti al silenzio o cacciati via, con le chiese che vengono distrutte o rischiano di trasformarsi in musei”. E bene hanno fatto gli amici di Aiuto alla Chiesa che Soffre a lanciare un appello proprio dal nostro giornale al Parlamento italiano per il riconoscimento ufficiale del genocidio. Noi ci siamo.

Alberto Bergamaschi

7-Al direttore - Indagato: non è sinonimo di accusato di reato, figuriamoci di colpevole. Purtroppo, il M5s ha fatto dell’indagine un preludio di colpevolezza, e a ogni nuova indagine si accartoccia su considerazioni di onestà da inquisizione. Quando, la ghigliottina delle espulsioni decapita i governatori grillini anche solo indagati, si conferisce uno sproporzionato potere al magistrato, che facile incide su scelte politiche, creando immobilismo e aporie amministrative. Ove un potere (giurisdizionale), sfornito di investitura democratica, incide sugli assetti politici. Laddove un’azione amministrativa è sempre foriera di indagine, l’ostinazione grillina per l’onestà diventa più una battaglia giurisdizionale che politica.

Giovanni Negri

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