Lettere al Direttore Foglio 17.9.2016

Il Foglio e la scuola. I cattivi maestri. Panico per la Consulta Cosa abbiamo da insegnare ai più piccoli, se il sistema scuola è lo schifo che è diventato?.

1-Al direttore - Che bella idea quella di parlare di scuola. La prossima volta che qualcuno mi parla di “buona scuola”, come il premier battezzò la sua riforma, salto alla giugulare. Cosa abbiamo da insegnare ai più piccoli, se il sistema scuola è lo schifo che è diventato? Come possiamo essere credibili quando chiediamo loro di studiare per martedì otto pagine di storia, o ripassare i verbi per la verifica, o entrare in classe in orario, se per primi non siamo in grado di offrire loro una scuola che funziona? Le classi sono in attesa di prof come nel deserto attendono la pioggia, perché: a) il concorsone è finito tardi (non poteva iniziare prima?); b) l’algoritmo per la destinazione di prof non ha funzionato; c) chi ha ricevuto una destinazione non consona può chiedere il trasferimento (a scuola iniziata) o mandare un certificato medico e non presentarsi. E’ un comportamento da adulti seri? Un esempio da copiare? Quando chiedi, trovi presidi che fanno spallucce, che ci possono fare loro, “non dipende da me”, “non ho in lista prof di matematica da nominare”, e via così. I provveditori non si sa che stiano facendo: non reclutano, attendono, “ancora questa settimana”. C’è qualcuno al ministero che ha qualche figlio iscritto in una media, ad esempio? Alla prossima che chiederemo ai più piccoli  di rispettare regole, seguire scadenze, onorare gli impegni, io penso proprio che ci manderanno a quel paese. E non a torto.

Diana Zuncheddu

2-Al direttore - Se ho capito bene (Carlo Deodato sul Foglio di ieri), il meccanismo del ballottaggio è marcio alla radice. Infatti, solo i suffragi attribuiti al primo turno sono “genuini”, cioè rispecchiano una libera scelta dell’elettore. Quelli attribuiti al secondo sono invece “adulterati”, cioè non rispecchiano un’adesione convinta alle offerte politiche in campo. A parte il fatto che questa critica – per coerenza logica – dovrebbe essere estesa anche alle leggi elettorali comunali, chiedo: perché? Non esiste forse l’astensione? Forse chi sceglie il male minore è costretto a farlo? Non è vero, poi, che molti elettori anche al primo turno scelgono il male minore? Insomma, l’Italicum venga pure corretto (eliminando anzitutto la frode delle candidature plurime), o persino sostituito con un nuovo sistema elettorale (maggioritario a doppio turno, qualcuno se lo ricorda?), ma senza essere succubi del “complesso del tiranno”. Il ballottaggio ha il pregio incontrovertibile di conferire un grande potere agli elettori. Chi vince rischia di avere una legittimazione ristretta? Avrà la legittimazione della maggioranza dei voti validi espressi. Il presidente degli Stati Uniti, titolare del potere esecutivo federale, di norma viene eletto con il consenso di circa il 25 per cento degli aventi diritto (dato il sistema maggioritario assoluto vigente a livello statale, perfino con meno voti popolari del suo avversario). Potrà non piacere, ma “it’s democracy, stupid”.

Michele Magno

Sottoscrivo. Ma temo che, se la Consulta volesse trovare un pretesto giuridico per camuffare un’intenzione politica (eliminare il ballottaggio per rendere più complicata la vittoria di qualcuno, soprattutto di Grillo), potrebbe utilizzare proprio gli stessi argomenti che ci ha offerto ieri Carlo Deodato. Insistiamo: se la preoccupazione della Consulta è la possibilità che Grillo vinca le prossime elezioni non vi preoccupate: ci penserà Virginia Raggi a organizzare il big bang del Movimento 5 stelle.

3-Al direttore - Undici nomine su ventuno illecite, tutte di peso, sia nell’organigramma aziendale, sia nel monte retribuzioni. Con questo biglietto da visita si presenta la Rai del nuovo corso. Niente di particolarmente originale in verità, che i dirigenti di una società pubblica siano scelti a chiamata e per meriti non sempre, o non solo, legati al curriculum professionale. Di solito tuttavia, per dare almeno la parvenza di legalità, si istruisce una procedura pubblica di selezione, dall’esito scontato ovviamente, ma che salva le forme. Probabilmente non c’è stato il tempo di farla, con l’incombenza dei nuovi palinsesti di rete, oppure la si è ritenuta superflua, un’inutile perdita di tempo, con peraltro il rischio di mettere agli atti scelte non proprio di primo piano rispetto alla rosa dei candidati. La forma, si sa, è sinonimo di fatica, molto meglio agire liberamente fuori dagli schemi, anzi per gli schemi propri e se la forma stessa, come gli esteti e i lontani parenti giuristi ci dicono, è sostanza, forse non c’è proprio niente di cui stupirsi, casomai di cui rattristarsi.

Marco Lombardi

4-Al direttore - Caro direttore, a proposito della opportunità di un “dibattito Radicale”: chi ritiene di possedere la verità, soprattutto se circondata dall'aureola di un presunto lascito ereditario, irride ad ogni proposta di dibattito, respinge ed “esclude” ogni forma di dialogo. Ai suoi occhi non solo il dissenso ma qualsiasi dubbio o interrogativo appare come un atto insopportabile di tradimento o, come è stato detto, di fellonia. Io mi sono formato in un partito diverso che non solo predicava ma praticava con tutti e anzitutto al proprio interno la laicità, la libertà, la nonviolenza.

Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani

Per accedere all'area riservata