Lettere al Direttore Il Foglio 13.10.2016

E se fosse Renzi a fare la scissione? Bravo Piero Tony. La separazione delle carriere è condizione necessaria alla razionalizzazione del sistema giustizia in Italia

1.Al direttore - Condy qui sta succedendo una cosa incredibile: il Pd si è alleato coi poteri forti e ci sta insultando.

Giuseppe De Filippi

2.Al direttore - E se fosse Renzi a fare la scissione?

Michele Magno

Se a dicembre vincerà il Sì, con mezza sinistra del Pd che voterà per No, non sarà necessario fare una scissione. Quando la verità è evidente, diceva Voltaire, è impossibile che sorgano partiti e fazioni: in fondo mai s’è disputato se a mezzogiorno sia giorno o notte. E se dovesse vincere il Sì, mai si disputerà se la sinistra del Pd è forte solo sui giornali o anche tra gli elettori.

3.Al direttore - Oggi in Italia il vero punto di frattura è fra le generazioni. Soprattutto in politica, i “vecchi”, cioè coloro che hanno avuto per tutta la loro vita onori e opportunità (spesso malamente sprecate) non vogliono mollare e cercano di sbarrare la strada ai giovani. Che tristezza!

Sandro Bondi

4.Al direttore - E’ scabroso il pezzo di Stefanini di martedì scorso sull’uragano a Haiti, “repubblica delle ong”, perché svela alcune contraddizioni nella mobilitazione degli aiuti umanitari attorno a tragedie dalle tante implicazioni, comprese quelle elettorali. Ma alcune provocazioni che lancia rasentano generalizzazioni che una ong come Avsi, in quell’isola dal 1999, non può lasciar scivolare via come innocue. Non sono tutte uguali le ong, e non si possono confondere le loro azioni in quanto espressione della società civile, con quelle delle agenzie delle Nazioni Unite. Sono alcuni governi, ad esempio, che scaricano le eccedenze agricole nel paese povero, non altri. Stefanini, venga con noi in Haiti: da quasi due decenni abbiamo in piedi progetti di sviluppo agricolo sostenibile, che non caliamo dall’alto, ma si attivano grazie a proposte di educazione a lungo termine, in collaborazione con la facoltà di Agraria a Les Cayes, nel sud di Haiti, e coinvolgono la singola persona sempre considerata nelle sue relazioni con la famiglia e la comunità. Cioè si aiutano potenziali nuovi agricoltori, ma nel frattempo anche le mamme e i bambini. Ogni singolo intervento parte dal terreno (nel senso proprio del termine) e, per la sua complessità e l’investimento di risorse economiche e umane che comporta, è rendicontato fino al dettaglio. Solo che a un certo punto arriva Matthew e si porta via intere coltivazioni e il lavoro di anni. E dopo l’uragano, nel silenzio di morte, come lo ha definito la nostra responsabile nel paese, che fai? Dai il bilancio dei morti? No, i bilanci li dà prima la stampa internazionale quando l’uragano comincia a minacciare gli Sati Uniti. Lo staff invece è già in azione per rintracciare, camminando nel fango fino alle ginocchia, i bambini che ha in carico. Non è in grado di dare notizie immediate, perché l’uragano con i tetti e le case si porta via anche le comunicazioni.  A un certo punto la conta dei danni si chiude, e si cominciano a cercare i fondi necessari, in modo mirato, e si riparte. Non da zero, con un’esperienza in più.

Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi

Risponde Maurizio Stefanini: “Nell’articolo si parla chiaramente di ‘indubbio impegno di tanti benintenzionati’. Quando si dice che su 12 mila ong ‘solo 150 di queste hanno inviato rapporti frequenti e puntuali sulle attività svolte’ si riconosce che qualcuno serio c’è. Inoltre, la stessa ProPublica che ha svelato i pasticci della Croce Rossa Usa è a sua volta una ong. Certo, il rischio di fare di tutta l’erba un fascio c’è. Ma l’alternativa di dare nomi e pagelle delle 12.000 ong presenti a Haiti è giornalisticamente impossibile. D’altra parte, pure per ragioni di spazio non si sono ricordate le critiche che alla gestione del soccorso a Haiti vennero fatte da Bertolaso e da ong illustri come Oxfam o Amnesty International. La notizia era però che un primo ministro diceva ‘non dateci riso’, e l’analisi vuole spiegarne i retroscena. Ripetiamo: il tutto non deve essere preso come un attacco a coloro che a Haiti e anche in altre parti del mondo fanno cooperazione in modo serio, e a cui è giusto dare l’attenzione e il riconoscimento che meritano. In proposito, vorrei ricordare di essere stato ad esempio nel 2008 autore di un dossier che si intitolava ‘America lontana, America vicina’, dedicato appunto a spiegare le migliori esperienze della cooperazione italiana nella regione”.

5.Al direttore - Come scrive Piero Tony, certamente la separazione delle carriere è condizione necessaria alla razionalizzazione del sistema giustizia in Italia ma, secondo me, anche questa riforma resterà vana se non si cambia la gestione del fattore umano che regge la giustizia. L’inamovibilità e l’insindacabilità dei giudici, sia inquirenti che giudicanti, più che una garanzia di libertà è diventata un diritto di licenza e un’orgia di potere. Occorre stemperare le due esigenze: la libertà del giudice e il rispetto della giustizia.

Michelangelo Dalla Francesca

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