Lettere al Direttore Il Foglio 16.9.2015

Il capolavoro della New Left: chiamare di destra ciò che è di governo. Il Labour sterza a sinistra, ma la strada è a destra

1-Al direttore - Il Labour sterza a sinistra, ma la strada è a destra: colpa di chi è al volante o della toponomastica?

Michele Magno

La toponomastica ci insegna che ciò che di solito la sinistra scemotta considera di destra è estraneo alla cultura progressista per un’unica ragione: perché quel qualcosa che si definisce “di destra” coincide in realtà con ciò che è di governo. Si chiama compromesso e si chiama principio di realtà. Citofonare per credere al dottor Alexis Troikas.

2-Al direttore - A proposito dell’eccezionalismo italiano che Giuliano Ferrara sottolinea in un commento su Corbyn, come sempre stimolante, c’è da chiedersi se si tratti di un mero caso che per governare “con discreto successo” la sinistra sia, oltreché di tradizione socialista e postcomunista, anche democristiana, come Ferrara scrive a proposito della situazione italiana, oppure se ciò significhi che un partito di sinistra debba essere necessariamente eclettico e far convivere al suo interno forze e tradizioni diverse per poter governare con una certa efficacia, ammesso che si condivida un tale giudizio. Non alleanze, dunque, “ab externo”, nella distinzione netta dei profili ideali e programmatici, bensì un allargamento del contenitore. Ma fin dove ci si può spingere, senza arrivare, di questo passo, a prendere atto che la qualifica “sinistra” rischi di non essere più “consequentia rerum”. Insomma, c’è in questa visione il recondito pensiero della fine della sinistra, come nei decenni l’abbiamo conosciuta, con l’eccezionalismo che si appresta a diventare normalità? Spero che non sia così, ma sarebbe utile discuterne ancora.

Angelo De Mattia

3-Al direttore - Insegnanti ex precari sardi in piazza S. Pietro per preghiera al Papa di intercedere presso il governo (I suppose) per non essere strappati alle famiglie e spediti sul continente a svolgere il loro mestiere. In Sardegna nessuno fa più figli da un pezzo, il deficit di bambini è irrecuperabile anche se i sardi si mettessero a sfornarne come conigli, l’isola ha tutti i record possibili e immaginabili della desertificazione demografica e questi gloriosi ficcati in ruolo a forza come prima cosa vanno a piangere davanti al Papa per restare a casina loro? O non dovrebbe essere questo un motivo più che sufficiente per rispedirli in quel limbo del precariato nel quale erano stati, evidentemente a ragione, tenuti fino a oggi?

Roberto Volpi

4-Al direttore - Non è che uno vuole mettersi a discutere Sartre, figuriamoci, è solo che il suo concetto si può allargare. Insomma non è solo il calcio una metafora della vita, mettiamoci anche il tennis. E allora magari ricordiamo al royal baby, fresco tifoso newyorchese della Italia tennistica femminile che ha stupito il mondo, che per la finale degli uomini Federer aveva annunciato di avere un colpo segreto. Che s’è rivelato un’annacata, Djokovic non c’è cascato e lo ha battuto. Vi ricorda qualcosa della politica made in Italy?

Gino Roca

5-Al direttore - Ieri il presidente del Consiglio Renzi, incontrando i nuovi direttori dei musei, ha salutato con una battuta Gabriel Zuchtriegel, tedesco di 34 anni alla guida del Parco archeologico di Paestum: "Lei ci rottamerà tutti. Tranne Franceschini, che è 'irrottamabile'". Secondo lei è un messaggio per la minoranza Pd sulla riforma del Senato?

Sebino Caldarola

Franceschini, corrente faccia di bronzo di Riace.

6-Al direttore - Perché tra la massa infinita di analisti nessuno si è accorto che il veto a inviare boots on the ground con la benedizione del molliccio Obama è della Merkel, ancora una volta per riaffermare il primato tedesco e peggio per sfruttare ogni opportunità per essere la Kaiserona.

Luigi De Santis

La politica del non interventismo è un’indole quasi naturale della politica tedesca. Su questo tema Cameron e Hollande, pur non parlando di scarponi, hanno una linea perfetta che andrebbe esportata. E come ha detto giustamente due giorni fa il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian, “Non possiamo permetterci che la Siria, principale santuario dell’Isis, resti un angolo morto della nostra azione”.

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