Lettere al Direttore Il Foglio 17.9.2015

Il punto è. Ogni paese ha il suo Corbyn, uno solo, l’Italia fortunata ne ha a vagonate. Il museo del fascismo per fare i conti con la nostra storia, senza nasconderla

1-Al direttore - Riecco gli “esodati’’ in giro per Roma, accompagnati dai loro “santi protettori’’ (Cesare Damiano e Matteo Salvini, uniti nella lotta). Sostengono che ci siano ancora alcune decine di migliaia di casi non coperti dai requisiti previsti in ben sei interventi di salvaguardia, peraltro molto generosi negli stanziamenti (un onere a regime di circa 12 miliardi) e nei numeri dei lavoratori protetti (170 mila), visto che i risparmi sulle risorse assegnate sarebbero consistenti. Il bello è che, mesi or sono, la commissione Lavoro del Senato invitò a segnalare le loro situazioni tutti quelli che si ritenevano ingiustamente esclusi dalle tutele. Risposero in meno di mille. Basti pensare, poi, che, nella sesta salvaguardia, venne riconosciuto, tra gli altri aspetti, il diritto di andare in pensione con i “vecchi’’ requisiti persino a coloro che, avendo perso il lavoro, non si fossero rioccupati a tempo indeterminato. Una norma invero strana, perché questi soggetti potrebbero non essere stati disoccupati neppure per un giorno, contraendo rapporti a termine uno dopo l’altro o contratti di collaborazione anche interessanti sul piano economico. Ma tutto ciò non conta: se non si lavora a tempo indeterminato si è comunque “figli di un dio minore’’, il quale deve intervenire a risarcirti al momento della pensione.

Giuliano Cazzola

2-Al direttore - Il punto è. Ogni paese ha il suo Corbyn, uno solo, l’Italia fortunata ne ha a vagonate.

Luigi De Santis

3-Al direttore - L’elezione di Jeremy Corbyn a segretario del Partito laburista inglese ha certamente aperto il dibattito sul futuro della sinistra europea. Oddio, definire di sinistra e progressista chi teorizza la proletarizzazione globalizzata e predica il peggio stiamo, meglio stiamo, è una contraddizione in termini, ma è anche vero che una salda alleanza con Syriza e con la variegata compagnia di giro italica, potrebbe aprire nuovi scenari. Non per fare del macabro umorismo, però mi viene alla mente quello che si legge in una cripta del convento dei Cappuccini di Roma: noi eravamo quello che voi siete e quello che noi siamo voi sarete. Appunto.

Valerio Gironi

4-Al direttore - Leggo del museo di Predappio e concordo con il fatto che possa essere culturalmente utile che il periodo fascista sia conosciuto meglio in tutti i suoi lati positivi e negativi ma critico l’ubicazione perché farlo proprio lì crea un rischio: che più che un museo diventi un’ostentazione e una celebrazione di un periodo delicatissimo della storia del nostro paese.

Roberto Carletti

Sottoscrivo quanto detto ieri da Paolo Mieli a questo giornale: “Occorre emancipare quel luogo dalla funzione di meta nostalgica. La conoscenza non deve far mai paura e, attuato con criteri di serietà, un museo del fascismo a Predappio non sarebbe qualcosa di ambiguo o negativo”. Un museo del fascismo è sacrosanto. Non per monumentalizzare, per carità, ma per dimostrare che il nostro paese oggi è abbastanza maturo da fare i conti con la sua storia: senza nasconderla.

5-Al direttore - Anche con i migranti, Papa Bergoglio non perde occasione per tuonare contro il dio denaro e il sistema socioeconomico dominante ingiusto. Peccato però che chi fugge scappa dai propri sistemi socioeconomici, nella speranza di inseguire simulacri di quel dio dove è meglio rappresentato. In nome di che cosa d’altro stiamo assistendo a tutti i sommovimenti che quotidianamente abbiamo sotto gli occhi se non per il diritto alla prosperità e al libero accesso individuale alle fonti di ricchezza, con tutti gli annessi e connessi che ne garantiscono il conseguimento chiamati pace, sicurezza, giustizia, libertà? Invece del buonismo, sono questi i valori in nome dei quali fare accoglienza. Perché, togli il modo capitalistico liberale di produzione della ricchezza e di organizzare la società, e avrai che da qualche parte spunta il diavolo sopruso. E coloro che fuggono questo lo sanno bene.

Antonio Maranca

Il capitalismo fa male a chi non ce l’ha.

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