Quel che Crocetta non disse

In questo caso pare proprio che la magistratura abbia fatto quel che poteva, al contrario della politica e della “anti politica”.

di Massimo Bordin | 06 Ottobre 2015 ore 06:27

La procura di Palermo ha chiesto al giudice delle indagini preliminari il rinvio a giudizio dei due giornalisti, Pietro Messina e Maurizio Zoppi, che pubblicarono sull’Espresso la notizia di una intercettazione telefonica in cui il governatore Crocetta parlare tranquillamente con il suo amico Tutino che minacciava pesantemente l’assessore Lucia Borsellino. La richiesta al gup è firmata personalmente dal procuratore capo Lo Voi e contesta ai due i reati di calunnia e diffusione di notizie false. Dunque dopo otto settimane di indagine, compreso il mese di agosto, la procura arriva a una conclusione sulla faccenda. L’intercettazione non esiste. Naturalmente è l’ipotesi dell’accusa, ma va detto che molto poco è stato proposto per confutarla. Nel frattempo, dopo l’inevitabile tempesta, la giunta Crocetta continua la sua navigazione a vista, paradossalmente rafforzata dalla storia dell’intercettazione inesistente. Gli scontri e i veti incrociati fra i vari gruppi di potere bloccano tutto senza che la giunta sia capace di fare altro che roboanti annunci mentre organizza la propria sopravvivenza distribuendo stipendi e prebende. A completare il quadro giova ricordare che il gruppo più consistente dell’assemblea regionale è quello di Grillo, ma a parte una pur utile strada di campagna asfaltata, null’altro si è visto. In questo caso pare proprio che la magistratura abbia fatto quel che poteva, al contrario della politica e della “anti politica”.

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