Mito #3: Le differenze di genere: quattro miti da sfatare (3 di quattro segue)

Non ci sono differenze di genere rilevanti a livello cerebrale differenze che si trovano sono prodotte dalle diverse esperienze che maschi e femmine fanno nel corso dello sviluppo

20 Marzo 2023 - di Marco Del Giudice fondazionehume.it

Mito #3: Non ci sono differenze di genere rilevanti a livello cerebrale; le poche differenze che si trovano sono prodotte dalle diverse esperienze che maschi e femmine fanno nel corso dello sviluppo.

Il terzo mito che passo in rassegna riprende gli elementi dei primi due, ma li declina nell’ambito delle neuroscienze. Fino ad ora, il dibattito si è concentrato soprattutto sugli aspetti anatomici del cervello in relazione al genere. Da questo punto di vista, la principale differenza sta nel volume cerebrale, che è maggiore del 10-15% negli uomini rispetto alle donne (uno scarto piuttosto ampio dal punto di vista statistico, che corrisponde a una sovrapposizione del 30-50%). Questa differenza è spiegata solo in parte dal fatto che gli uomini in media hanno un corpo più grande, e al momento non è chiaro cosa possa significare dal punto di vista funzionale. Per esempio, a livello individuale il volume del cervello è correlato positivamente al QI; ma le differenze medie nell’intelligenza di maschi e femmine sembrano troppo piccole per giustificare uno scarto così ampio (anche se il dibattito a riguardo rimane ancora aperto). Poi ci sono molte altre differenze, sia nelle dimensioni delle varie regioni cerebrali che nelle connessioni tra diverse regioni. Grazie a queste differenze, è possibile sviluppare algoritmi che, partire dall’anatomia di un cervello, riescono a “indovinare” correttamente il sesso della persona in più del 90% dei casi. Ma una porzione importante di queste differenze è una conseguenza (diretta o indiretta) del maggior volume del cervello dei maschi; quando lo scarto nel volume totale viene corretta con metodi statistici, le differenze diventano nettamente più piccole e l’accuratezza nella classificazione scende al 60-70%.

Che conclusioni si possono trarre da questi dati? Non molte, per la verità. Alcuni ricercatori hanno messo in evidenza le piccole dimensioni delle differenze (una volta corrette per il volume totale) e i risultati contrastanti degli studi in questo campo; su questa base hanno sostenuto che le differenze di genere nella struttura e funzione cerebrale sono sostanzialmente trascurabili. Ma proprio perché le differenze sono statisticamente deboli mentre le misurazioni sono imprecise e piene di difficoltà tecniche, è probabile che anche gli studi più grandi eseguiti finora siano in realtà troppo piccoli per dare risultati affidabili. Proprio adesso stanno iniziando a uscire i primi studi con decine di migliaia di soggetti, e i risultati sono molto più precisi e robusti di quanto si sia visto finora. Il problema più profondo è che, visto che sappiamo molto poco di come la struttura fisica del cervello influisca sul funzionamento cognitivo, risulta molto difficile decidere se differenze che ci sembrano “piccole” possano invece avere effetti rilevanti sul comportamento. Gli studi che hanno provato a correlare configurazioni cerebrali più “mascoline” o “femminili” con aspetti mascolini-femminili della personalità e del comportamento hanno trovato effetti a volte significativi, ma sempre piuttosto deboli. (Anche in questo caso, si tratta di studi condotti su campioni relativamente piccoli, e i risultati devono essere considerati provvisori).

Ancora più importante è il fatto che, se non si correggono statisticamente le misure per eliminare le differenze di genere nel volume cerebrale totale, i cervelli di uomini e donne risultano piuttosto diversi in tutta una serie di caratteristiche anatomiche. Rimuovere queste differenze equivale ad assumere che non abbiano nessuna importanza dal punto di vista funzionale, ma non abbiamo idea se sia davvero così. Le poche indicazioni di cui disponiamo sembrano puntare nella direzione opposta: gli studi sulle associazioni fra tratti di personalità, comportamenti e anatomia cerebrale hanno trovato le correlazioni più forti proprio con il volume totale del cervello e altre misure globali. Anche queste associazioni però tendono ad essere piuttosto piccole in senso assoluto, in linea con l’idea che la personalità sia determinata soprattutto da meccanismi neurochimici (neurotrasmettitori, ormoni, ecc.) piuttosto che da differenze anatomiche. È molto probabile che il funzionamento cerebrale sia più differenziato dal punto di vista neurochimico di quanto non lo sia dal punto di vista puramente anatomico. La ricerca sull’espressione genetica ha individuato migliaia di geni che si esprimono in modo differenziato nel cervello di maschi e femmine, raggiungendo il massimo della divergenza durante la pubertà. In breve, le nostre conoscenze sulle differenze di genere nella struttura e nel funzionamento del cervello hanno appena iniziato a scalfire la superficie del problema.

Quando le differenze di genere a livello cerebrale non vengono minimizzate, si tende a spiegarle (spesso in modo sbrigativo) facendo riferimento al concetto di plasticità cerebrale: se il cervello è malleabile e si modifica in risposta all’ambiente, le differenze tra maschi e femmine non fanno che riflettere le loro diverse esperienze nel corso dello sviluppo. Sicuramente la plasticità è una caratteristica basilare del cervello, dal momento che rende possibili l’apprendimento e la memoria. Però è anche importante non interpretare questo concetto in modo troppo “libero”, soprattutto dal momento che la nostra comprensione dei processi di plasticità è ancora più frammentaria e incompleta di quella sulla neurochimica o sulle differenze anatomiche. Per il momento, la ricerca genetica ha mostrato chiaramente che le caratteristiche anatomiche e funzionali del cervello a livello macroscopico—come il volume, lo spessore e le connessioni tra diverse aree, ma anche i profili di attività a riposo o durante compiti cognitivi—sono influenzate in modo sostanziale dalle differenze genetiche tra le persone. Non solo: gli effetti genetici sono spesso più forti di quelli ambientali, ed è possibile predire somiglianze e differenze nelle caratteristiche cerebrali a partire da somiglianze e differenze nel corredo genetico delle persone. In assenza di prove schiaccianti, questi dati dovrebbero suggerire un certo scetticismo rispetto all’idea che le differenze cerebrali tra maschi e femmine possano essere spiegate facilmente (e interamente) come prodotti dell’esperienza e dell’apprendimento.

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