Il garante della conservazione

Rodotà s’inventa nemico della Convenzione. Senza ragioni logiche

Stefano Rodotà, nel corso di un’assemblea indetta dalla rivista Left, affollata di esponenti dell’estrema sinistra, rifiuta sdegnosamente la carica – che nessuno se non qualche esponente di posizioni minoritarie gli ha mai offerto – di presidente della Convenzione per le riforme costituzionali. La Convenzione, secondo Rodotà – che un solerte redattore di Repubblica ha promosso sul campo “garante della Costituzione”, titolo che spetterebbe per la verità a Giorgio Napolitano – rappresenterebbe addirittura un “pericolosissimo” atto eversivo contro la Costituzione.

Nel merito, le preoccupazioni di Rodotà per la Convenzione consistono in una pura e semplice volontà conservatrice e antiriformistica. Per cominciare, il professore critica la connessione, invece ovvia, tra riforma costituzionale e riforma elettorale. In un sistema alla francese, con l’elezione diretta di un presidente della Repubblica con funzioni di governo, è abbastanza ovvio scegliere un sistema elettorale a doppio turno, in modo da verificare l’esistenza di una maggioranza popolare nella scelta del presidente. In altri casi, invece, sono preferibili forme di contemperamento tra sistema proporzionale e correzioni maggioritarie, come accade in tante altre democrazie europee. In ogni caso, non esiste un sistema elettorale che garantisca la governabilità in presenza di due Camere ambedue con facoltà di conferire e negare fiducia all’esecutivo. Rodotà invece critica la “spensieratezza con cui si parla di mutamento della forma di governo”, come se non fosse evidente da anni che il meccanismo decisionale inceppato e contraddittorio rappresenta un freno insopportabile all’adeguamento dell’Italia alle esigenze civili, sociali ed economiche. E come non fosse evidente che esiste un mondo reale che si muove anche senza aspettare all’infinito la (improbabile) evoluzione del conservatorismo costituzionale di Rodotà e dei suoi sodali. Per giustificare questo conservatorismo paralizzante, gabellato per progressista, Rodotà ricorre al solito giochino di denunciare come “controriforme” le riforme che non gli piacciono e come nemici della Costituzione quelli che vogliono adeguarla alle necessità attuali, usando gli strumenti previsti dalla Costituzione e dando vita a un confronto politico costruttivo, come quello di cui dovrebbe essere sede la Convenzione. Quotidiano, 4/5

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