Bipolaristi ma non talebani. Il Cav. ambidestro

punta sul sistema spagnolo e fa sogni proporzionali

Berlusconi stuzzica grillini e renziani, studia un’offerta per Letta e accarezza la rottamazione del maggioritario

Questione di piedi. Nel grande frullatore che i supremi giudici della Consulta hanno azionato dichiarando incostituzionale la legge Calderoli, la posizione più indecifrabile, più misteriosa e potenzialmente più sorprendente tra quelle espresse dai principali leader politici italiani non è quella di Matteo Renzi (che sostiene il maggioritario), non è quella di Massimo D’Alema (che sostiene una qualsiasi legge che non vada bene a Renzi), non è quella di Romano Prodi (che sostiene il bipolarismo), non è quella di Enrico Letta (che, come Alfano, sostiene il maggioritario solo a condizione che non si faccia presto), ma molto più semplicemente, e vedremo perché, è quella di Silvio Berlusconi.

Uno dirà: ma come? Cosa dici? Il Cav.? Lui? Il bipolarismo fatto Caimano? Ufficialmente, come ammettono con il Foglio tutti i dirigenti di Forza Italia interpellati, la posizione del Cavaliere, e del suo partito, è quella che Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, sintetizza così: “Noi siamo bipolaristi, vogliamo il bipolarismo, non vogliamo lo spezzatino, vogliamo dialogare con Grillo e Renzi e la nostra prima scelta si chiama sistema spagnolo”. Pausa. “Se questo sistema però non dovesse passare, beh, valuteremo il nostro second best”. La traduzione del “second best” coincide con una gustosa tentazione con cui Berlusconi gioca da anni con lo stesso stile del prestigiatore. Prende il cilindro, lascia che il pubblico osservi il coniglio, il pubblico si stupisce, il prestigiatore sorride e poi, nuvola di fumo, e si riabbassa il sipario. La tentazione inconfessabile del Cav., che sul campo dei sistemi elettorali è sostanzialmente un ateo, non è un talebano, si chiama “proporzionale” ed è una tentazione che Berlusconi accarezza ogni volta che non governa, che si trova lontano dal Palazzo e che si sente sollevato dall’essere riuscito a sbarazzarsi di qualche zavorra, oppure quando è impedito di governare. Così il proporzionale diventa simbolo di libertà. Gesto estremo per emanciparsi dai falsi amici. Ultima ridotta per non regalare scialuppe a quei partiti che in un sistema dove si contano le proprie truppe non conterebbero più niente. Solo suggestioni creative? Solo interpretazioni maliziose? Solo ricostruzioni fantasiose? Seguite il filo. Seguite i piedi.

Siamo a Parigi, è il due febbraio del 1998, la location è l’ambasciata italiana di Rue de Varenne, ed è qui che per la prima volta Berlusconi si lascia andare e accarezza non solo nella sua testa ma anche pubblicamente l’idea di rottamare il maggioritario. “Il sistema proporzionale lo trovo più democratico, perché con le preferenze il cittadino sceglie i suoi candidati, che nel maggioritario sono imposti dall’alto”.

Passano gli anni, Berlusconi torna al governo, vince con tutti i sistemi possibili, ma quando non vince, e quando si ritrova all’opposizione, stanco di alleati rissosi, coalizioni abborracciate, collanti forzati, la tentazione ritorna sempre. Stavolta l’anno è il 2007. Il Porcellum vive da due anni. Prodi è a Palazzo Chigi. Veltroni ha appena vinto le primarie del Pd. Berlusconi sale sul predellino. Convoca milioni di elettori per cacciare Prodi. Capisce che, a differenza dei suoi avversari, può giocare sia con il destro che con il sinistro, sia con il maggioritario sia con il proporzionale, e si lascia di nuovo andare. E’ il 19 novembre, il Cav. parla con la Stampa. “Voglio che il mio nuovo partito sia al centro dello scenario politico… Io sono il primo bipolarista d’Italia ma quando c’è una situazione che vede le due coalizioni divise e sempre in guerra al loro interno bisogna prendere atto che il bipolarismo non è realizzabile nella realtà italiana… Per noi una legge proporzionale va bene. Poi quando andremo al voto potremmo dire agli altri di dividere le responsabilità di governo”. Il proporzionale, dunque, per Berlusconi, al contrario dei non ambidestri del Pd, non corrisponde alla famosa patata bollente ma è una corsia preferenziale per farla finita con i falsi amici, per scongiurare l’incubo dei collegi uninominali (dove per ragioni storiche la sinistra ha più forza della destra) e per costringere i possibili alleati a raccogliere voti senza pesare sulle spalle del Cav. In linea di massima, dunque, Berlusconi, al contrario di Renzi, non vede come una tragedia il suggerimento implicito di ritornare al proporzionale offerto dalla Consulta.

Il Porcellum corretto, in realtà, non è un sistema che il Cav. predilige perché non mette i piccoli partiti nella condizione di doversi sforzare chissà quanto per raggiungere la soglia per entrare in Parlamento (4 per cento). Ma il proporzionale, per un ambidestro come Berlusconi, non è un problema, e per questo Forza Italia ha deciso di puntare sul sistema spagnolo. A parole, come dice Brunetta, per difendere il bipolarismo. In realtà per evitare che il governo, spinto da Renzi, possa riscrivere la legge elettorale in modo eccessivamente maggioritario, magari favorendo troppo il Pd. “Lo spagnolo – ammette Stefano Ceccanti, costituzionalista Pd – è un sistema misto che offre al primo partito un premio di maggioranza. Questo però capita soltanto se il primo partito arriva al 40 per cento. Sotto quella soglia il sistema diventa praticamente proporzionale”. Un sistema da ambidestri. Un sistema da Cav.

FQ. di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa, 7.12.2013

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata