Legge elettorale : trappola che seduce

Per chi ha sempre trovato insopportabile,

come i suoni prodotti dai graffi su una lavagna, l’accostamento fra latinorum e leggi elettorali (Mattarellum, Porcellum) è duro ammetterlo ma forse per ricordare chi ha così tanto contribuito a farci tornare indietro di venti anni, buttandoci addosso la proporzionale con preferenze, bisognerà seguire la stessa strada e inventare un termine acconcio: che ne dite di Constitutionalium? O è troppo complicato, troppo poco nazionalpopolare?

La Consulta, in due mosse, ha politicamente chiuso il cerchio: due anni fa ha impallinato il referendum promosso da Arturo Parisi e altri, teso a riattivare il sistema, maggioritario con quota proporzionale (detto Mattarellum), precedentemente in vigore. E adesso ci ha imposto di nuovo la proporzionale, ben sapendo che difficilmente la politica, troppo spappolata e divisa, troverà la forza per fare una buona contromossa. E la politica, infatti, si è messa subito a pasticciare intorno a ipotesi di leggi elettorali pseudo-tedesche (nel tedesco vero metà dei collegi sono uninominali), di soglie di sbarramento, sempre aggirabili in Italia, e di finti premi di maggioranza. Matteo Renzi che, nell’immediato, è il politico che più ci rimette, è giustamente arrabbiato. Sa che occorrerebbe un miracolo per salvarci dalla proporzionale.

Al di là delle schermaglie tattiche, solo un accordo fra Renzi e Berlusconi a favore del maggioritario (quello che gli altri - non chi scrive - chiamano Mattarellum corretto) potrebbe farci invertire la rotta. Ma ci sono quattro potenti ostacoli. Il primo, tutt’altro che irrilevante, è che Berlusconi è ormai scivolato fra gli intoccabili. Per i bramini e gli altri membri delle caste superiori è disdicevole farsi vedere in giro con lui. Coloro che fossero danneggiati da un accordo fra Berlusconi e Renzi sulla legge elettorale, non esiterebbero a scatenare folle urlanti contro quest’ultimo. Ribadirebbero la loro accusa preferita: sei un cripto- berlusconiano. A prescindere, naturalmente, dai contenuti dell’accordo. Il secondo ostacolo è che Berlusconi sembra indeciso a tutto. Potrebbe concludere che la proporzionale gli conviene (secondo chi scrive sbaglierebbe i suoi calcoli ma è un altro discorso). Il terzo ostacolo è che se anche un accordo sulla legge elettorale venisse siglato fra i due, essi, Renzi soprattutto, non riuscirebbero a imporlo all’insieme dei rispettivi gruppi parlamentari. Sarebbero sicuramente tanti i deputati e senatori del Pd pronti ad approfittare di una così ghiotta occasione per azzoppare quello che, probabilmente, sarà il loro futuro segretario. Il quarto ostacolo, infine, è dato dal fatto che Letta (per indebolire Renzi) e Alfano (per indebolire Berlusconi) farebbero forse di tutto per sabotare l’accordo.

Va aggiunto che la proporzionale è il sistema che più piace ai parlamentari. Essendo un sistema conservatore (che tende, cioè, a conservare l’esistente) dà ai rappresentanti uscenti le maggiori chance di rielezione. C’è solo un elemento che potrebbe giocare contro la proporzionale se i parlamentari si fermassero a riflettere: la resurrezione delle preferenze. Perché la preferenza, con gli attuali chiari di luna, o è un sinonimo di voto di scambio o, nella migliore della ipotesi, è un indizio di tale reato penale. Sono sempre stati un po’ patetici quegli ex democristiani che, con gli occhi umidi per la nostalgia, ricordavano i «bei tempi» delle preferenze. In quei «bei tempi» il voto di scambio non era un reato, ed era pure socialmente accettato. E la magistratura non teneva le pistole puntate contro la politica. È una epopea, quella delle lotte per le preferenze, su cui ha scritto un eccellente articolo Gian Antonio Stella sul Corriere di ieri.

Resuscitare le preferenze oggi, in tempi di attivismo giudiziario, è una follia. Magari la scamperanno i leader: è normale che tante preferenze «spontanee» si indirizzino su di loro. Ma diversi neo-eletti, non appartenenti a quella ristretta cerchia, che entreranno in Parlamento con un bel gruzzolo di preferenze (conquistate sul campo, ovviamente, in una dura competizione all’ultima preferenza con altri candidati del loro stesso partito), faranno probabilmente fatica a schivare avvisi di garanzia. Il collegio uninominale è pericoloso politicamente (si può perdere il seggio) ma le preferenze lo sono, e molto, sotto il profilo giudiziario.

Perché è un dramma la reintroduzione della proporzionale? Perché essa può funzionare bene - persino, talvolta, senza soglie di sbarramento - solo in un caso: se esistono grandi partiti radicatissimi nella società e fortemente legittimati. Ma i nostri partiti, dopo i massacri seguiti alla caduta del muro di Berlino, dopo la «strage di San Valentino» connessa alle inchieste dette di Mani pulite di venti anni fa, sono per lo più ectoplasmi, entità semi-gassose che suscitano (guardate i sondaggi) fastidio nei cittadini meglio disposti, e disgusto negli altri. Altro che radicamento e legittimità. In queste condizioni, è facile scommettere che la proporzionale (compreso l’eventuale pseudo-tedesco) ci consegnerà all’ingovernabilità. Basterà un’occhiata ai risultati delle elezioni e i mercati sapranno tutto ciò che c’è da sapere. In Europa poi, dove già oggi non si fidano di noi, gli impegni assunti dai sempre traballanti governicchi che si succederanno non potranno mai essere presi sul serio.

I miracoli a volte avvengono ma ci puoi credere solo a miracolo avvenuto.

Il Corriere della Sera ,07 dicembre 2013 Angelo Panebianco

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