Gran Bretagna si vuole abortire senza medico

per gli antibiotici una ricetta, per distruggere un feto no

Le donne che vorranno abortire potranno farlo senza passare dal consulto con un medico. E’ la rivoluzione contenuta in un progetto di nuove linee guida sull’aborto depositate al Parlamento inglese. Le proposte affermano che “non ci sarà nessun obbligo di legge perché una donna consulti un medico prima di abortire un feto”. Secondo l’Abortion Act del 1967, due medici devono autorizzare un aborto. Il dottor Peter Saunders, uno dei leader pro life inglesi, commenta che in questo modo “la distruzione di un feto verrà declassata a una procedura banale di solito eseguita da un infermiere”.

Mercoledì il quotidiano progressista Independent ha pubblicato i dati sugli aborti selettivi di genere che hanno luogo nel Regno Unito (cinquemila bambine mancano dal censimento nazionale, che il premio Nobel Amartya Sen ha definito “discriminazione neonatale”). Il giorno dopo il conservatore Daily Mail ha reso noto che “più di 96 mila aborti all’anno in Inghilterra e nel Galles sono realizzati senza che i medici abbiano mai incontrato il paziente”. Dati confermati da Jane Ellison, sottosegretario alla Salute, la quale ha detto che “solo il 46 per cento delle donne che hanno avuto aborti nel 2012 sono state viste da un medico”. Le nuove linee guida vanno oltre, suggerendo che non è nemmeno un obbligo giuridico per i medici dare un parere alle singole richieste prima di approvarle.

Gli oppositori alla legge del 1967 hanno a lungo sostenuto che la norma è già interpretata per consentire “l’aborto su richiesta” e che la firma dei medici è solo una formalità. Se approvata, la legislazione renderebbe l’aborto “facile come una operazione di chirurgia estetica”, per usare le parole dei pro life, mentre l’ex arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, avverte: “Per le donne britanniche l’aborto non rappresenta più l’ultima opzione possibile, ma viene ormai considerata una normale procedura di routine”. Il fatto che diventi sempre più “essenzialmente una questione di decisione individuale”, ha detto Williams, “vuol dire che non è più considerata come una grande scelta morale”. Il nuovo documento in discussione, pubblicato sul sito web del governo prima di Natale senza tante fanfare di stampa, suggerisce che “gli infermieri possono eseguire la procedura”. Si fa l’esempio dell’infermiere che gestisce i farmaci abortivi in ospedale e nelle cliniche. Perché non può valere anche per le procedure chirurgiche?

“Stiamo assistendo a un cambiamento significativo nella pratica dell’aborto”, ha detto il dottor Peter Saunders del Christian Medical Fellowship. “Questo banalizza ulteriormente la procedura ed erode le protezioni previste dal Parlamento sia per il nascituro sia per la donna”. David Burrowes, un deputato conservatore, è stato ancora più tranchant: “E’ straordinario e spaventoso che ci sia bisogno di un medico per avere prescritti gli antibiotici per un raffreddore, ma non quando si tratta di aborto”.

I pro choice ritengono superfluo l’intervento di un medico. O come ha detto Tracey McNeill, direttore di Marie Stopes International: “E’ del tutto inutile per le donne vedere un medico. Gli infermieri sono spesso molto meglio attrezzati sui bisogni emotivi e psicologici delle donne”.

Quintavalle: “E’ una grande ipocrisia”

Fra le altre proposte in discussione, l’eliminazione del parere medico entro la tredicesima settimana di gravidanza e quella di permettere alle donne di completare a casa la fase finale dell’interruzione di gravidanza. Nel Regno Unito l’89 per cento delle interruzioni di gravidanza avviene prima della tredicesima settimana: per gli aborti operati entro questo termine, i parlamentari del Regno Unito vorrebbero eliminare la necessità del parere di due dottori, sarebbe sufficiente il “consenso informato” della donna.

Secondo Josephine Quintavalle, nota ai lettori del Foglio come fondatrice del Comment on Reproductive Ethics e tra le più conosciute attiviste europee sui temi bioetici, “in Inghilterra siamo in preda a una colossale ipocrisia. Se la legge del 1967 fosse stata davvero applicata oggi avremmo la metà degli aborti che invece registriamo ogni anno, oltre duecentomila. Abbiamo creduto che delle regole potessero governare l’aborto, mentre nel nostro mondo di diritti e uguaglianza retorica è legittimo mettere a morte un bambino disabile nella pancia della madre fino al giorno stesso del parto. Quella sul medico è una proposta importante, speriamo che non passi, che il pubblico faccia resistenza. La legge contempla già due medici che supervisionano un aborto, una norme da sempre sconfessata. Perché la legge non ha mai protetto il non nato”.

Un recente rapporto del prestigioso Guttmacher Institute americano ha rivelato che nel Regno Unito una donna incinta su tre abortisce. Cinquecento aborti al giorno. Questa è la drammatica media delle interruzioni di gravidanza in Gran Bretagna. Il dato è di quelli destinati a lasciare il segno nei flussi demografici, soprattutto se si raffronta con la cifra complessiva dei duemila bambini che vengono quotidianamente al mondo nel Regno Unito. La cultura abortista ha come stregato la perfida Albione.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Giulio Meotti, 17 gennaio 2014 - ore 10:23 

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