Lavoro, se un artigiano licenzia…

Roma, 29 marzo- Lo abbiamo capito. La politica se ne frega della gente ma è

attenta solo ai suoi equilibri. Così i vertici di Pdl, Pd e Terzo Polo hanno deciso che il Governo deve andare avanti a prescindere dai suoi atti, visto che anche i supertecnici non sono infallibili, soprattutto quando vengono chiamati a gestire una mediazione difficile come quella su mercato del lavoro e articolo 18. Eppure quel progetto contiene molti aspetti discutibili. Mettiamo il caso (a legge approvata) di un artigiano che abbia assunto due apprendisti ma non sia contento del loro lavoro. Essendo tenuto a mantenerli in servizio per tutta la durata del rapporto, alla conclusione non li assume in via definitiva e invia agli uffici competenti la comunicazione per un altro paio di assunzioni di apprendisti. Gli arriva in azienda un ispettore del lavoro che gli chiede come si sia risolta la precedente esperienza. Appurate le cose, informa l’artigiano che non potrà più assumere apprendisti poichè non ne ha stabilizzato almeno uno (pari alla metà) come prevede la riforma. In sostanza, siamo in un clima di imponibile di manodopera, sulla base di un pregiudizio per cui i datori ‘sfruttano’ gli apprendisti.

 Queste, si dirà, sono questioni marginali. Andiamo, allora, al cuore del dibattito: la revisione dell’articolo 18. Facciamo l’esempio di due lavoratori. Il primo commette una mancanza e viene licenziato. Del secondo, nella sua azienda, viene cancellato il posto di lavoro per motivi economici. Ambedue ricorrono in giudizio. Nel primo caso, il giudice ritiene che la mancanza ci sia stata ma non di tale gravità da giustificare il licenziamento disciplinare, e ordina la reintegra. Nell’altro caso il giudice (per quanto sia assurdo che un magistrato entri nel merito di una scelta economica di una impresa) considera ingiustificato il recesso, ma può condannare il datore al pagamento dell’indennizzo. Così il primo, che pure ha qualche responsabilità, può tornare al lavoro; il secondo, che non ha fatto nulla di scorretto e che è vittima di un arbitrio, resta fuori. Ma un giudice che consideri ingiustificato un licenziamento per motivi economici, impiega un attimo ad andare alla ricerca di quelli che per lui sono le vere ragioni. Così cade la foglia di fico della disciplina del licenziamento economico, assunto ad emblema di un cambiamento, invero resistibile.

di Giuliano Cazzola – QuotidiANO.NET – 29.3.2912

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