Ci sono ancora dei boccaloni che aspettano che il Cavaliere nomini il suo successore

Silvio Berlusconi è un giocoliere capace di intrattenere, come pochi, l'audience

di Pierluigi Magnaschi, 11.7.2017 da www.italiaoggi.it

Silvio Berlusconi è un giocoliere capace di intrattenere, come pochi, l'audience. Riesce però nelle sue operazioni rocambolesche, non solo perché lui è un abile giocoliere, ma anche perché ha davanti a sé un popolo di boccaloni disposti a ingoiare tutto quanto gli viene proposto senza porsi alcun dubbio sulla plausibilità delle sue proposte. Che costoro siano numerosi tra i fan di Berlusconi è ovvio. Che lo sia la stampa vicina al Cavaliere, è inevitabile. Ma che lo siano pure i media ostili a Berlusconi ha dell'inspiegabile. Il senso critico dei suoi avversari viene forse meno di fronte all'ordito musicale del Pifferaio magico di Arcore? Oppure, dovendo riempire ogni giorno un'ampia sezione dedicata alla politica interna anche quando ci sarebbe niente da dire, viene utile cavalcare anche le bufale, dandole per vere, e costruendo su di esse dibattiti, indiscrezioni, inchieste, interviste, fondi.

L'ultima bufala di Berlusconi è il suo conclamato desiderio di incaricare Sergio Marchionne, l'a.d. di Fca, a salire a palazzo Chigi per fare il premier. L'autore della più riuscita fusione societaria internazionale nel settore dell'auto e che dovrebbe concludersi con un altro deal ancor più importante dovrebbe, in base a questa notizia, essere onorato di sedere sulla poltrona attualmente occupata da Paolo Gentiloni. Da monarca assoluto nell'impero planetario delle quattro ruote, e con un invidiabile carnet di successi, Marchionne dovrebbe sentirsi onorato di assumere un incarico dove sei strattonato da tutti e spesso per futili motivi. Non solo, Marchionne, da premier, sarebbe comunque alle dipendenze di Berlusconi che, com'è successo nel caso del suo delfino Angelino Alfano (ma in questo caso era più facile), potrebbe sentirsi ritirare l'abilitazione di fare la controfigura del Cavaliere, dopo che quest'ultimo si fosse accorto che il suo nominato «manca del quid» e quindi, come a Monòpoli, deve ritornare, per insindacabile decisione di Berlusconi, nella casella di partenza con le pive nel sacco.

Una candidatura di questo genere avrebbe dovuto essere lasciata cadere subito a terra come se fosse una mela matura perché non è una candidatura che sta assolutamente in piedi. Le rapide motivazioni poc'anzi formulate lo dimostrano abbondantemente. Invece tutti i media si sono gettati sulla mela marcia e hanno fatto finta di avere a che fare, non solo con un mela nel pieno delle sue virtù organolettiche, ma addirittura con il frutto proibito, la V2 del Cavaliere, l'arma capace di rovesciare il fronte, di scompigliare gli avversari e di accendere di entusiasmo i votanti tutti. Il dibattito su Marchionne è andato avanti per diversi giorni. Marchionne ovviamente non si è interessato, in un prima momento, di smentire. Che cosa, del resto, ci sarebbe da smentire a una notizia che è pure inverosimile come quella che Marchionne è decollato spingendo sui pedali del suo aereo? In questo caso infatti non è Marchionne che deve smentire ma sono coloro che hanno abboccato che dovrebbero vergognarsi di essersi rimasti appesi all'amo che pure era del tutto evidente.

A questo punto, Berlusconi, che, oltre a essere un eccellente creatore di fake news (a suo vantaggio) è anche uno straordinario conoscitore dei tempi mediatici, visto che il pallone della candidatura di Marchionne stava rapidamente sgonfiandosi per evidente mancanza d'aria, ha fatto uscire la notizia che la sua vera candidata a palazzo Chigi sarebbe stata sua figlia Marina, presidente del gruppo editoriale Mondadori, oltre che di Fininvest.

La candidatura da Marina da parte di Silvio non è nuova. Un anno fa, Berlusconi senior aveva già candidata sua figlia alla guida di Forza Italia. Anche in quell'occasione ci fu subito un'alluvione di servizi giornalistici, di talk show, di tg, di profili biografici, di servizi fotografici più o meno agiografici. Erano tutti fatti per osannare o per graffiare la Delfina, ma nessuno per analizzarne le caratteristiche che erano pure note a tutti i giornalisti che però se le conservavano per loro, al fine di non svuotare di contenuto la telenovela e poter così continuare, per almeno una stagione, con un gioco, così detto, giornalistico, a somma zero. In effetti il gioco non era informativo ma solo blablaistico (alimentato cioè più di parole che da fatti) che però, alla lunga, rischia, se ripetuto (e purtroppo è ripetuto), di rendere inappetenti gli ascoltatori o i lettori alle informazioni che non informano. E ciò in base a una vecchia e sempre verificata regola che dice che possono essere presi per il naso in molti per poco tempo o in pochi per molto tempo. Tertium non datur.

Ora Marina Berlusconi è una manager di prima grandezza. Il risanamento radicale e solido della casa editrice Mondadori, in un momento in cui la carta stampa sta attraversando un crisi profonda, generalizzata ed epocale, dimostra che Marina sa tenere con mano ferma la barra, ha un visione sicura del business e ha saputo creare al suo fianco una classe di manager di primo piano (è stata lei, ad esempio, a volere come suo principale collaboratore quell'assoluto first class internazionale che è Ernesto Mauri). Ma accanto a tutte queste doti, Marina non ha quella dell'imbonitrice che è un difetto per alcune attività ma è sicuramente un pregio per poter svolgere l'attività politica. Marina infatti non è disposta, non dico a partecipare e dibattiti combattuti ma nemmeno a parlare in pubblico. Nessuno l'ha mai sentita parlare a braccio in pubblico o partecipare a un talk show anche il più addomesticato e fatto, magari, fra le mura domestiche di un canale Mediaset. Un leader politico invece deve per forza gettarsi nella mischia, arringare le sue folle, aggredire quelle avversarie. Non si fa una campagna elettorale con articoli o interviste scritte. Questo lo sa perfettamente Marina che non a caso ieri è uscita alla scoperto dicendo che non se ne parla nemmeno di una sua discesa in politica. Ma Silvio è così bravo ad alzare la palla che c'è da giurare che questa candidatura giudicata impossibile dalla stessa candidata rimarrà a mezz'aria.

Ma perché Berlusconi continua gettare in aria questi ballon d'essai? Il Cavaliere ha la necessità restare al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica in attesa che arrivi il prossimo mese di febbraio in cui si dovrebbero tenere le elezioni politiche. Lui non vuol mollare la proprietà del suo partito (cioè di Forza Italia, il partito di cui possiede tutte le azioni) e, nello stesso tempo, tenta di estendere la sua leadership sull'intero centrodestra cercando di domare gli appetiti sinora non sopiti soprattutto di Matteo Salvini ma anche di Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d'Italia. Inoltre Berlusconi deve tenere a bada le aspirazioni dei suoi colonnelli e, in primo luogo, di Giovanni Toti che ha le stimmate del leader dopo essere riuscito a espugnare, d'intesa con Salvini, due roccaforti democratiche un tempo ritenute inespugnabili come la Regione Liguria e il Comune di Genova ma che, proprio per questo, deve essere tenuto a cuccia.

La conclusione, scontata e prevedibile, di questo discorso, è una sola: fin che ci sarà in circolo Silvio Berlusconi non ci saranno sostituti di Berlusconi. Al massimo ci saranno dei telecomandati da lui. E pertanto sarà difficile, con questo vincolo, trovare dei candidati di spicco. Il Cavaliere è convinto (e i risultati elettorali finora gli hanno dato ragione) è convinto, dicevo, che di spicco in Forza Italia ci sia solo lui. Tutto il resto è ientendance. E, come tale, suivra, come diceva Napoleone.

Pierluigi Magnaschi

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