Appalti e centri per l’impiego, ritornano le province

La Manovra porterà in dote più poteri alle province. A cui potrebbero tornare le competenze in materia di centri per l’impiego assieme e appalti di lavori

A cura di Francesco Cerisano10.10.2018 www.italiaoggi.it

La Manovra porterà in dote più poteri alle province e alle città metropolitane. A cui potrebbero tornare le competenze in materia di centri per l'impiego assieme alle risorse, umane e finanziarie, per potervi fare fronte. Non solo. Gli enti di area vasta potrebbero presto diventare per legge stazioni uniche appaltanti negli appalti di lavori (in primis sulla rete stradale e sull'edilizia scolastica) così da facilitare le procedure di gara soprattutto dei piccoli comuni e velocizzare gli interventi di manutenzione sulle infrastrutture a rischio immediato (1.918 secondo il recente monitoraggio dell'Upi). Ad oggi infatti già 50 province sul territorio nazionale attraverso convenzioni con i comuni medio-piccoli del territorio gestiscono stazioni uniche appaltanti. La proposta che l'Upi ha fatto al governo e che l'esecutivo sembrerebbe aver condiviso è di rendere obbligatoria una scelta finora affidata all'adesione volontaria dei comuni del territorio.

Il rafforzamento del ruolo degli enti di area vasta è destinato a essere un nodo cruciale sul tavolo degli incontri politici che il governo sta avendo con le autonomie locali in preparazione della legge di bilancio 2019. E del resto, la volontà dell'esecutivo sul punto è sempre stata chiara: dopo la bocciatura del referendum costituzionale che avrebbe dovuto abolirle, il ruolo delle province, finanziariamente strangolate proprio in prospettiva della loro futura eliminazione, va ripensato. A cominciare dalle risorse necessarie a gestire il «core business» dell'attività provinciale, ossia il mantenimento e la manutenzione di 130 mila km di strade e 5.100 edifici scolastici. A queste competenze «storiche», sopravvissute alla spoliazione operata dalla legge Delrio, potrebbe presto aggiungersi il ritorno di quelle in materia di politiche attive del lavoro. I centri per l'impiego, passati dalle province alle regioni per effetto della legge Delrio, potrebbero quindi compiere il percorso inverso.

Sul modello di quanto sta accadendo in Lombardia dove i Centri per l'impiego continuano a essere gestiti dalle province. La giunta guidata da Attilio Fontana sembrerebbe orientata a lasciare i servizi dove sono, non regionalizzando il personale dei centri per l'impiego che quindi tornerebbe negli organici delle province lombarde e della Città Metropolitana di Milano. Un progetto che ovviamente richiede come condizione essenziale l'attribuzione di sufficienti risorse finanziarie e di personale.

L'idea del governo sarebbe quindi quella di esportare a livello nazionale il modello di politiche attive del lavoro di regione Lombardia, basato sullo strumento della «Dote unica lavoro» (che destina risorse non più «a pioggia» agli enti locali, ma in modo mirato ai destinatari delle politiche attive i quali possono spenderli per l'acquisto dei servizi di cui hanno bisogno) e su una forte integrazione tra pubblico e privato. A differenza di quanto accade in altre regioni, dove alcuni adempimenti amministrativi sono di esclusiva titolarità dei centri per l'impiego, in Lombardia ai soggetti privati accreditati non viene preclusa alcuna attività, così come non si prevedono prestazioni che possono essere erogate solo dai servizi per il lavoro pubblici.

Ad oggi la rete degli operatori accreditati in Lombardia conta 234 operatori, cui fanno riferimento sul territorio 999 sedi operative. Di queste, solo 64 sono rappresentate da sportelli dei centri per l'impiego o da Agenzie per la formazione, l'orientamento e il lavoro (le aziende speciali che operano mediante affidamento di contratti di servizio da parte della città metropolitana di Milano e della provincia di Monza e Brianza). Il supporto dei privati in Lombardia consente di smaltire più efficacemente la mole di adempimenti burocratici e amministrativi (in primis la sottoscrizione dei patti di servizio personalizzati con i disoccupati che grava per legge sui centri per l'impiego) introdotti dal Jobs act e dalla Manovra 2018 che hanno creato file in tutta Italia. Al momento sono 170 gli operatori privati autorizzati alla sottoscrizione dei patti di servizio personalizzati, ossia quelli che si sono candidati alla manifestazione di interesse lanciata da regione Lombardia e poi hanno sottoscritto un accordo di partenariato con le province. «In questo modo anche i privati contribuiscono a smaltire le pratiche e in cambio partecipano alle politiche attive del lavoro che saranno pagate solo se i privati fanno rientrare disoccupati nel mondo del lavoro», spiega Massimo Garavaglia, viceministro all'economia ed ex assessore al bilancio di regione Lombardia. «Siamo convinti che il modello lombardo, fatto di sinergia col privato ma anche di maggiore prossimità nell'erogazione dei servizi grazie al coinvolgimento delle province, possa davvero rappresentare la svolta. Ad oggi infatti il tasso di avvio al lavoro registrato in Lombardia è pari al 95% nel biennio 2016-2018. Grazie alla regione 118.192 persone che avevano perso il lavoro l'hanno ritrovato».

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