Lettere al Direttore Il Foglio 23.7.2015

La cannabis legalizzata come il nucleare iraniano. Viva i nonni

1-Al direttore - Bellissima l’idea dei nonni che parlano dei nonni. Già perché io sono un nonno vero e parlare di mia nonna significa fare un salto di secoli.

Non saprei proprio da dove cominciare a raccontare alla mia nipotina di dieci anni che sa già tutto di iPad e smartphone di quando mia nonna, alla sua età, tra i monti della costa d’Amalfi mi faceva immaginare il mare che non era poi tanto lontano, promettendomi di portarmici se fossi stato buono con lei a lavorare nei campi. Ci sarebbe tanto da dire e narrare, di quel tempo. Di quando alle quattro del mattino andavamo al pozzo per tirare l’acqua e irrigare i campi. Di quando con la roncola in cima a una lunga asta tagliavamo i rami dei “pungienti” la tenera erba da dare a Nerina la sua amata capretta con la quale intratteneva lunghi discorsi serali prima di andare dormire e dopo averla munta. Oppure di quando subito dopo questa mungitura mi costringeva a recitare con lei un lungo, interminabile rosario in latino. Io e lei, in quella stanzetta illuminata dalla luce della luna del mese di fine luglio. Di quando poi, subito, dopo, diceva di spegnere la candela per risparmiare l’olio e lo stoppino… Cosa capirebbe la sua moderna pro-pro nipotina di quel mondo scomparso?

Antonio Gallo

2-Al direttore - Fumare cannabis fa male. Danneggia la salute, anche se l’assunzione avviene in piccole dosi. Crea dipendenza ed è il primo passo verso l’assunzione di sostanze sempre più forti e dannose. Non è vero che cannabis, tabacco e alcol abbiano gli stessi effetti. Come ha fatto osservare il prof. Luigi Janiri, vicepresidente della sezione dipendenze della Società italiana di psichiatria, nel corso dell’audizione svolta il 2 aprile 2014 davanti alle commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera: “(…) sulla questione della differenza tra la cannabis e l’alcol. Indubbiamente l’alcol è in grado di determinare effetti nocivi sulla salute sia fisica, sia psichica. E’ un dato accertato che questo avvenga per dosi progressivamente crescenti di alcol e in un tempo molto più lungo. L’altra differenza importante rispetto alla cannabis risiede nel fatto che gli episodi acuti psicotici transitori di cui è responsabile la cannabis non si verifichino con l’alcol. Mentre un episodio psicotico transitorio si può verificare in una persona anche alla prima assunzione di cannabis, non si verifica alla prima assunzione di alcol”. Liberalizzare non risolve il problema della delinquenza organizzata. Il vantaggio del commercio clandestino resterebbe sempre. Sia perché probabilmente rimarranno restrizioni alla vendita libera per determinate categorie di consumatori (i minori, ecc.). Sia perché la componente fiscale del prezzo finale, che presumibilmente sarà significativa, costituirà un incentivo al commercio parallelo da parte della criminalità organizzata. Vedi lo sviluppo del gioco d’azzardo clandestino non ostante le liberalizzazioni. Se liberalizzi l’offerta di cannabis la domanda aumenta (prezzi più bassi, maggiore facilità di accesso), quindi aumenta il numero dei soggetti utilizzatori, aumentano i problemi di salute e sociali connessi all’uso, aumenta il costo per la collettività per curare e prevenire tali problemi. E’ paradossale che lo stato si impegni in campagne per dissuadere dall’uso del tabacco e allo stesso tempo faciliti il commercio di un prodotto molto più dannoso del tabacco.

Salvatore Rebecchini

Provochiamo? Provochiamo. Legalizzare la cannabis non è così diverso, come principio, dal legalizzare il nucleare iraniano. In entrambi i casi l’idea è che, così facendo, sia più semplice tenere sotto controllo un problema che esiste. Ma in entrambi i casi, almeno così sembra a noi bacchettoni, rendere più trasparente un problema non aiuta a eliminare il problema ma a determinate condizioni il problema potrebbe persino peggiorarlo. Dunque, caro Rebecchini, sottoscrivo. Grazie.

3-Al direttore - A volte do un’occhiata ai sondaggi sulla popolarità di Renzi. Se dice “bla” sale di tre punti, se dice “bla bla” scende di quattro. Se sbadiglia, ma con la mano davanti alla bocca, un punto è assicurato. Se fa una pausa alla Celentano, mezzo punto in meno. Se guarda dritto verso la telecamera, convince e si porta a casa otto punti. Se si distrae e volge gli occhi alla punta delle scarpe traslucide, eh no, non doveva farlo: dieci punti di penalità. La popolarità è cosa davvero ondivaga. Se stai col popolo, vieni osannato. Ma il popolo finge di ignorare che le riforme sono il più delle volte impopolari. A allora i sondaggi ti mettono alla berlina. E se ciascuno di noi provasse a impersonare per una volta l’uomo di comando? Saremmo capaci, noi sempre censori, a raddrizzare il nostro zoppicante paese, senza urtare la sensibilità del popolo?

Fabio Sicari

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